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Re Salman frena l’alleanza con Hamas

Re Salman frena l’alleanza con HamasRe Salman dell'Arabia saudita e il leader di Hamas Khaled Meshaal (foto dal sito the-levant.com)

Arabia saudita Il ministro degli esteri Adel al Jubeir ha descritto come un pellegrinaggio religioso il recente arrivo nel regno dei vertici del movimento islamico palestinese. Sorti ostacoli all'inclusione di Hamas nella coalizione sunnita anti Iran che la monarchia saudita sta mettendo in piedi. Tra gli islamisti palestinesi non pochi premono per confermare l'alleanza con Tehran

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 24 luglio 2015

Sono falliti i negoziati tra la monarchia saudita e Hamas volti ad includere anche il movimento islamico palestinese nel “fronte arabo sunnita” opposto all’Iran sciita? Il sospetto è forte dopo le “precisazioni” fatte ieri dal ministro degli esteri saudita Adel al Jubeir, braccio esecutivo della politica regionale di Re Salman. «L’arrivo nel nostro regno, la scorsa settimana, di una delegazione di Hamas ha avuto uno scopo religioso e non politico», ha detto al Jubeir, aggiungendo che «non sono mutate le relazioni tra l’Arabia saudita e il movimento islamico palestinese», che dal 2007 controlla Gaza.

 

Certo la delegazione di Hamas è stata impegnata anche nell’Umra, il pellegrinaggio minore nei luoghi santi dell’Islam. Ma solo gli ingenui possono credere che il leader del movimento islamico palestinese Khaled Mashaal, il suo braccio destro Musa Abu Marzouk, un comandante militare del calibro di Saleh al Arouri e un importante dirigente in esilio come Mohammed Nazzal, si siano recati tutti insieme in Arabia saudita solo per l’Umra. Re Salman e Meshaal venerdì scorso non si sono incontrati solo per un colloquio sulla fede mentre nella regione non si discuteva altro che dell’accordo sul programma nucleare iraniano firmato a Vienna.

 

Non ci sono dubbi sull’avvicinamento tra Hamas e Riyadh, che da qualche tempo ha messo da parte l’ostilità nei confronti dei Fratelli Musulmani – oppositori della regola dinastica nell’Islam e sostenitori delle elezioni – per dare vita a uno schieramento di Stati e movimenti sunniti contrapposto all’Iran destinato a diventare ancora più influente nella regione dopo l’accordo raggiunto in Austria. Fonti di Hamas a Gaza da parte loro hanno detto che i colloqui in Arabia saudita sono avvenuti nel quadro di iniziative diplomatiche che hanno già rafforzato i legami tra Riyadh, la Turchia e il Qatar.

 

Il tentativo saudita è quello di strappare Hamas alla storica alleanza con l’Iran, in modo da mettere fine all’immagine di Tehran schierata dalla parte del popolo palestinese e di Riyadh alleata degli Stati Uniti e, di conseguenza, molto morbida con Israele. E Khaled Meshaal è il più sensibile tra i leader di Hamas al richiamo dei fratelli sunniti schierati a protezione dell’ortodossia contro il revival sciita innescato dall’Iran. Tre anni fa ha stracciato l’alleanza con la Siria che durava da quasi 20 anni e, con tutto l’ufficio politico di Hamas, si è trasferito da Damasco in Qatar (che protegge e finanzia la Fratellanza). Qualcosa però non deve essere andato per il verso giusto, tanto da costringere il ministro degli esteri saudita a ingranare la retromarcia. «Le ragioni delle precisazioni di al Jubeir possono essere soltanto due – spiega al manifesto l’analista di Gaza, Mukreim Abu Saada – i sauditi forse si sono resi conto che è prematuro portare Hamas e, di fatto, i Fratelli nell’alleanza regionale sunnita, gli egiziani peraltro non sono favorevoli». L’altra – ha proseguito Abu Saada, «potrebbe essere l’assenza di una posizione condivisa all’interno di Hamas. Accanto a una corrente favorevole a dare all’organizzazione una dimensione sunnita e più regionale, ci sono dirigenti che, al contrario, premono per rafforzare la collaborazione con l’Iran e (il movimento sciita libanese) Hezbollah. E tanti altri ancora sono contrari al coinvolgimento di Hamas nelle crisi regionali che ritengono lontane e pericolose per gli interessi palestinesi e del movimento».

 

L’analista palestinese si è riferito in particolare all’ala militare di Hamas, le Brigate Ezzedin al Qassam, che, a differenza della direzione politica, continua a considerare l’Iran l’alleato più affidabile, anche dopo l’accordo di Vienna. A guidare gli oppositori alla linea di Meshaal per un’alleanza organica con la coalizione sunnita, è uno dei fondatori di Hamas, il medico Mahmoud Zahar, emerso più forte dal conflitto con Israele di un anno fa a Gaza. Riyadh in ogni caso non rinuncerà all’avvicinamento con Hamas. Radwan al Akhras, opinionista del quotidiano qatariota al-Arab, sottolineava un paio di giorni fa che re Salman sa che deve investire in tutti i movimenti politici, anche in Hamas, se vuole affermarsi come leader regionale dei sunniti. Nel frattempo, scriveva al Akhras, il sovrano ha già fatto liberare otto militanti di Hamas detenuti in Arabia saudita e concesso alle organizzazioni di beneficenza del movimento islamico palestinese una più ampia libertà d’azione nel territorio saudita. Da parte sua Khaled Meshaal spinge affinchè il monarca saudita prenda il posto dell’Egitto di Abdel Fattah al Sisi (nemico giurato dei Fratelli Musulmani e, quindi, anche di Hamas) nel ruolo di mediatore tra le opposte fazioni palestinesi.

 

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