Eppure una strage è una strage. Che non possiamo derubricare a dato statistico, perché mette in evidenza le condizioni di lavoro e di vita di decine di migliaia di persone. I problemi dei braccianti e del caporalato si conoscono da troppo tempo, esiste perfino una legge, mai applicata. Siamo curiosi di vedere cosa farà l’attuale governo per contrastare una piaga che dovrebbe farci vergognare davanti al mondo intero.

Ma nel frattempo, nelle redazioni dei giornali, dei Tg, dei siti internet dovrebbero interrogarsi, ponendosi una semplice domanda: «Stiamo diventando razzisti e neppure ce ne rendiamo conto?»

Qualcuno vedendo la nostra prima pagina di ieri avrà pensato, ecco il solito manifesto terzomondista che dà maggior risalto all’incidente di Foggia. Solo che quello che è accaduto a Foggia non poteva e non doveva essere raccontato dai media come un fatto qualsiasi. Perché non è stato un semplice incidente – seppure spettacolare e con un morto come quello avvenuto sulla A1 di Bologna- ma una autentica strage: 12 morti. Che vanno ad aggiungersi ai quattro migranti morti nei giorni passati. Uniti dalla stessa fine, erano tutti braccianti, e tutti africani. E così sono stati trattati dai siti per tutta la giornata e da larga parte dei quotidiani del giorno dopo.

Alcune testate, qualcuna scontata altre inaspettate, hanno giudicato la notizia neppure degna della prima pagina.

Domando: cosa sta succedendo a questo paese e al nostro giornalismo se si arriva al punto di non riuscire a valutare le notizie? Perché se noi sopravalutiamo, altri minimizzano, nascondono, censurano, sorvolano. Perciò domando ancora: se invece di 12 uomini, di pelle nera fossero stati dodici ragazzi italiani di pelle bianca, l’incidente sarebbe stato considerato una strage o no? Possiamo scommettere che tutti i media – compresi quotidiani razzisti e fascistoidi – avrebbero messo la notizia di apertura, accompagnata da commenti indignati.

La realtà è che il liquame razzista venuto a galla con l’exploit della Lega, sta diventando un’onda che tocca e coinvolge tutti. Compresi quelli che dovrebbero essere considerati democratici e progressisti. E’ come una malattia che sta contagiando buona parte dell’opinione pubblica e in particolare contribuisce a plasmarla. Nei quotidiani si conferma la regola del mercato. Detto che quello delle edicole è in pesante flessione, essere dalla parte degli immigrati fa vendere di meno, non è gradito dall’elettore-lettore?

Di questi tempi di sovranismo crescente e sempre più aggressivo, non porta consensi. Anzi, il contrario. Altrimenti il gradimento e la popolarità di papa Bergoglio non sarebbe passata da un 88 per cento di consensi tra la popolazione a un 71 per cento e proprio a causa – hanno spiegato i ricercatori – delle sue posizioni sui migranti. Tra l’altro molto alta nella decrescita dai consensi, la percentuale dei giovani. Se persino la popolarità del pontefice è fortemente intaccata dalla cultura del «prima gli italiani» viene da pensare che il timore della impopolarità per chi punta su questi argomenti ha una sua ragion d’essere.

Focalizzare l’attenzione sull’immigrazione non fa aumentare le vendite – i migranti, pagati pochi euro per spaccarsi la schiena a raccogliere pomodori non leggono i giornali. E così il razzismo mediatico si insinua anche in redazione. La paura del nero non solo è contagiosa, ma condiziona le scelte di tutti.