Il risultato delle amministrative vede a sinistra una discussione schematica e politicista che, paradossalmente, fa tornare indietro anziché cogliere le novità del voto: l’ampia astensione, la vittoria del M5S in realtà importanti, la sconfitta del Pd e la crisi del centrodestra.

Emergono un ampio disagio sociale e una domanda di rottura che vengono intercettati dal M5S ma si riversano anche nell’astensione. La sinistra ha un risultato per molti versi deludente: non intercetta la domanda di cambiamento, fatica a mostrarsi come un’alternativa credibile. In questa marginalità sembra schiacciata nel ricalcare le aree geografiche e sociali del Pd, incapace a parlare a chi intende rappresentare.

Il voto utile per dare una spallata al Pd è apparso quello al M5S. Il disagio di un’ampia fetta di elettorato del Pd non trova un’alternativa credibile.

In questo scenario è praticabile un’opzione politica autonoma dal partito della nazione, dal grillismo e dalla destra? Ma prima di tutto: è necessaria? Chi contrasta la costruzione di una proposta autonoma della sinistra oppone il realismo di riconoscere un quadro stabilizzato su tre poli. Il voto dice il contrario: il Pd perde rispetto alle europee, il centrodestra conferma i suoi consensi ma paga le divisioni, il M5S trionfa a Roma e Torino ma resta marginale a Milano e Napoli. L’astensione conferma la crisi di rappresentanza dei partiti.

Chi paventa i barbari alle porte sembra rassegnarsi all’idea che solo il grillismo possa interpretare il rifiuto dell’Europa delle élite e dei sacrifici. E propone come risposta la cittadella di quel “centrosinistra” senza spinta riformatrice che si limita a mitigare l’austerity. Non è un caso che gli stessi che parlano di centrosinistra cerchino nuovi nomi per riproporre una formula che sanno «puzzare di vecchio».

Il voto pone dunque una domanda: la costruzione di un soggetto della sinistra autonomo e capace di rappresentare un’alternativa è un’esigenza a cui non siamo stati in grado di rispondere o un’ipotesi velleitaria da abbandonare per acconciarci a un ruolo da comprimari? In questo caso la discussione si limiterebbe a una scelta di campo tra M5S o il Pd. Una scelta deprimente che in molti abbiamo sperimentato ai ballottaggi scegliendo tra l’insofferenza per il “vecchio”, la paura del “nuovo” o la sottrazione.
Di certo questa ipotesi finora non è stata praticata con chiarezza: in ogni città è stata messa in campo una proposta differente, Il soggetto nazionale (Sinistra Italiana) è stato sottratto dalla campagna elettorale. E non a caso: era una proposta più ristretta delle forze che hanno sostenuto i candidati sindaci, attraversata da conflitti sulla collocazione e, dopo l’assemblea “Cosmopolitica”, non aveva attivato reali processi di partecipazione. Ancora oggi la costruzione di Si non vede pratiche partecipative reali ma l’aggregazione di soggetti in cui prevalgono le preoccupazioni sulla leadership. Un dato che mostra inadeguatezza dei gruppi dirigenti e di cultura politica.

Ma il voto, a dimostrazione che non segna una stabilizzazione del quadro, apre oggi ipotesi fin qui improbabili: la vittoria del no al referendum, la crisi di Renzi, la rimessa in discussione della legge elettorale. Basta tifare per un improbabile cambio di segreteria nel Pd? La direzione nazionale del Pd caricata di aspettative dal voto, ha visto un Renzi sfidare la minoranza, con toni al limite della provocazione, e un’opposizione interna distante dal premier ma priva di una proposta e un’iniziativa politica alternativa. Questa nuova fase può avere sviluppi senza la presenza in campo di un soggetto e di una proposta politica credibile a sinistra?

È strano come il gusto per l’ampiezza delle riflessioni quando ci si esercita nelle analisi lasci il posto alla piccola manovra quando ci si cimenta con le proposte, e dunque l’alternativa tra “fare politica” o stare fermi si riduce alla possibilità di “fare manovra”. L’assemblea di Sinistra Italiana dovrà rispondere a queste domande, e in fretta. Restare nella palude di una discussione astratta e paralizzante sul rapporto col Pd rischia di far marcire le fragili radici di questa esperienza.

*Sel Roma