Un tragico incidente, evitabile, causato principalmente da un errore umano». Così il generale John F. Campbell, capo delle truppe Usa e Nato in Afghanistan, ieri ha tentato di giustificare i bombardamenti del 3 ottobre, quando un aereo AC-130 ha ripetutamente colpito l’ospedale di Medici senza frontiere a Kunduz, nel nord dell’Afghanistan. Gli attacchi degli americani hanno provocato la morte di almeno 30 persone, tra cui 14 membri del personale medico, 10 pazienti e 6 corpi irriconoscibili, non ancora identificati. Davanti ai giornalisti riuniti a Kabul, Campbell ha presentato i risultati dell’inchiesta interna, 3.000 pagine di resoconti e interviste che ha detto di voler rendere pubblici, una volta editati. Per Campbell, i trenta morti sono «un tragico incidente», frutto della combinazione tra un errore umano, alcune falle tecniche e la stanchezza delle Forze speciali, in quei giorni impegnate ad assistere i militari afghani nella riconquista della città di Kunduz, finita nelle mani dei Talebani.

Sospesi ma con immunità

Alcuni militari sono stati sospesi, ha annunciato Campbell, che non ha però fornito indicazioni sul numero e sull’identità dei soldati che dovranno affrontare la giustizia militare americana, in virtù del protocollo che accorda ai soldati a stelle e strisce l’immunità completa rispetto alle leggi afghane. Campbell ha sostenuto che i suoi uomini «non sapevano che quel compound fosse un centro medico di Medici senza frontiere». Credevano di colpire una struttura occupata dai Talebani, «un altro edificio, centinaia di metri più in là, dove si pensava ci fossero dei combattenti».

Chi colpiva dall’alto ha sbagliato, ha detto Campbell, perché avrebbe dato per buone le informazioni ricevute, contravvenendo alle regole che prevedono un’ulteriore verifica: «hanno eseguito dall’alto e non hanno preso sufficienti misure per verificare che la struttura fosse un obiettivo militare». Ma anche chi operava sul terreno ha sbagliato: le stesse Forze speciali americane (alcune fonti parlano di 35 membri del terzo Gruppo delle Forze speciali) non avrebbero avuto indicazioni sufficientemente solide né l’autorità per richiedere il bombardamento aereo. Secondo Campbell, gli attacchi sarebbero durati poco più di 25 minuti. Soltanto alle 2.37 del mattino gli americani avrebbero compreso che si trattava di «un errore fatale».

In sintesi, la versione di Campbell è questa: i suoi uomini hanno ripetutamente bombardato – per 29 minuti, sostiene lui – l’ospedale di Msf, causando 30 morti, perché gli era stato detto dagli afghani, in modo piuttosto vago, di colpire un «ampio edificio vicino a un campo». Alcuni problemi tecnici, la convulsione del momento, difetti di procedura e la leggerezza di alcuni militari hanno impedito che l’obiettivo venisse identificato esattamente. Finendo col colpire quello sbagliato. E compiendo alla fine una carneficina.

La versione fornita dal generale Campbell, frutto di un’inchiesta condotta dal Generale di brigata Richard Kim e alla quale hanno partecipato anche ufficiali della Nato e del governo afghano, non coincide però con quella di Medici senza frontiere.

In 500mila: «Inchiesta indipendente»

Secondo il rapporto reso pubblico il 5 novembre da Msf infatti gli attacchi sarebbero cominciati tra le 2 e le 2.08 del mattino, e sarebbero proseguiti per almeno tre quarti d’ora (qualche testimone parla di un’ora), nonostante i ripetuti messaggi inviati da Msf a Kabul e New York affinché l’attacco cessasse. E a dispetto del fatto che tutti gli attori del conflitto – inclusi gli americani e il quartier generale della missione Nato a Kabul – conoscessero le coordinate esatte del centro traumatologico di Kunduz.

Probabilmente la tesi di Campbell non convincerà Medici senza frontiere, né le cinquecentomila persone che finora hanno sottoscritto la petizione rivolta al presidente degli Stati Uniti Barack Obama affinché consenta l’apertura di un’inchiesta indipendente. Sin dal 7 ottobre, Msf chiede infatti l’attivazione della International Humanitarian Fac-Finding Commission, il solo organo permanente con il compito specifico di condurre inchieste sulle violazioni del diritto umanitario, la cui attivazione dipende però dal consenso dei paesi coinvolti. Consentire l’inchiesta, ha sostenuto la dottoressa Joanne Liu, presidente internazionale di Msf, è fondamentale per dimostrare il rispetto delle Convenzioni di Givevra. Ne abbiamo bisogno per sapere se le regole di guerra valgono ancora».