Il titolo dà già un po’ il senso di questa unione artistica fra la chitarra storica degli Avion Travel, Fausto Mesolella, e la voce degli Almamegretta e di mille altri progetti solistici e non, Raiz. Dago Red, infatti unisce il ’red’ ovvero il vino rosso, quello degli immigrati di origine italiana, al soprannome Dago che era appunto uno dei molti modi in cui, con un certo disprezzo si potevano chiamare gli italiani d’America. Dago Red, in realtà, è anche il titolo di una raccolta di racconti dello scrittore italo americano John Fante: «Io sono un fan di Fante – spiega Raiz – perché pur essendo nato in California non ha mai dimenticato l’altra sua identità italiana. Ed è stato testimone che si potevano essere due cose insieme, anche quando gli americani ti dicono che sei americano e non puoi essere allo stesso tempo italiano. Addirittura potremmo azzardare un terzo mondo, ed essere al contempo italiani e americani. Un mondo libero e non ingabbiato nelle identità…». Ecco, l’identità e la contaminazione sono al centro del disco, nove pezzi che pescano nella tradizione partenopea e si mescolano con brani contemporanei, senza cercare un’assonanza specifica, una nota che li renda compatibili nel medesimo tempo.

L’emigrante cantato nel classico di Bovio Lacreme napulitane è in qualche modo lo stesso – cento anni dopo – di quello «punk» dei Gogol Bordello..; un colpo ’salutare’ all’orecchio dell’ascoltatore….; «È vero – sottolinea Raiz – certe canzoni sembrano tirate per i capelli. Però questo a noi serve per dire che in un mondo diviso da identità culturali e religiose, si alzano sempre più alte barriere. Troppe, mentre mescolando i pezzi (e le culture) si scoprono contaminazioni inattese». Suono e voce.

Il suono è quello dolce, riconoscibile di Mesolella: «È importante – spiega il musicista casertano – perché è la sintesi di uno stile che ho percorso in 40 anni di carriera, con gli Avion e poi da solo. C’è chi dice che la tecnica è fondamentale, per me non è così. Abbiamo inciso il disco praticamente in presa diretta e gli abbiamo aggiunto solo delle sovraincisione». Con l’aiuto qua e là di qualche compagno di viaggio; il pianoforte di Rita Marcotulli (che li aveva fatti incontrare nell’ambito di un evento dedicato ai Pink Floyd), la batteria di Mimmo Ciaramella, l’harmonium di Adolfo La Volpe. «Ci siamo divertiti e ne è uscito un disco fuori dagli schemi, inevitabilmente le registrazioni dovevano essere proprio così…leggere e spontanee». Lacreme napuletani e Immigrant punk affrontano il tema dell’immigrazione: «L’idea di scegliere quei due pezzi nasce proprio pensando alla tragedia degli sbarchi al largo della Sicilia, con centinaia di uomini, donne e bambini che muoiono come mosche spesso nell’indifferenza».

Questo accadeva in passato anche agli italiani che arrivavano a Elly Island, lo racconta il pezzo di Bovio: ’ho perso casa e onore, sono carne da macello’». Raiz è molto rispettoso delle versioni originali, l’interpretazione non calca mai la mano: «Non ci sarei riuscito, sono canzoni metabolizzate nel mio dna. Non si può cambiare il rituale; nella mia famiglia tutti le ascoltavano, i miei erano fan di Sergio Bruni. Per me c’è stato un recupero successivo, all’epoca le rifiutavo quasi come fosse una sorta di rigetto giovanilistico… Poi durante una serata sperimentale con gli Alma a Londra, ospiti di Talvin Sigh, il dj ha messo musica orientale mescolandola con campioni di brani della tradizione napoletana. Un po’ abbiamo riso ma poi abbiamo riflettuto: era la nostra memoria storica e non è stata recuperata in maniera sciovinistica. Era ’accettata’ da una cultura che arrivava dall’altra parte del mondo. La testimonianza vivente della