Formalmente era solo un «preconsiglio» perché martedì, alla vigilia, Carlo Freccero aveva fatto notare un errore di procedura della convocazione di oggi del cda Rai. In sostanza ieri mattina nella sala Orsello del mitico settimo piano di Viale Mazzini è arrivato il piano sull’informazione Rai del direttore Carlo Verdelli. Si chiama «Proposta di sviluppo del progetto dell’offerta informativa», punta tutto sul digitale («digital first»), prende atto che l’azienda pubblica italiana è leader sull’informazione tradizionale e invece debolissima nel digitale e disegna le linee per colmare il disavanzo. Sfida cruciale. Perché ormai gli italiani passano almeno il 47 per cento del tempo che dedicano all’informazione a compulsare i media digitali. Verdelli ha impiegato quasi un’ora per illustrare la sua «rivoluzione» che andrà a regime solo giugno del 2017.

Ma il core business della riunione era la consegna ai consiglieri dei quattro curricola dei nuovi direttori designati, passaggio formale indispensabile per procedere stamattina (la nuova riunione del cda è convocata per le 10 e 30) alle nomine. I nomi sono quelli ampiamente annunciati dai boatos: Ida Colucci al Tg2, Luca Mazzà al Tg3, Nicoletta Manzione a Rai Parlamento e Andrea Montanari al Gr-Radio1.

La polemica politica era ampiamente annunciata. La rimozione di Bianca Berlinguer arriva, sfortunatamente per i vertici Rai e per il governo editore di riferimento, proprio nel giorno in cui l’Agcom certifica l’equilibrio del suo Tg sul referendum costituzionale. Di «normalizzazione» parla Loredana De Petris (Sinistra italiana), «ancora più sfacciata se si considera che il direttore del Tg3 che sostituirà Bianca Berlinguer sarà proprio il giornalista che andò via da Ballarò perché non gradiva le posizioni critiche del conduttore al premier. La Lega parla di «Telerenzi» parla la Lega. Ma stavolta è il Pd ad avere problemi seri. L’ex segretario Bersani sentenzia: «Le nomine prefigurano un Pd pienamente partecipe dei vecchi vizi». Nel pomeriggio la minoranza dem prepara un documento di censura in vista della riunione serale della vigilanza Rai dove il direttore generale Campo Dall’Orto e la presidente Maggioni presentano il piano ancora non approvato dal cda. « Si è consumato uno strappo istituzionale senza precedenti», attacca Federico Fornaro per il quale c’è il tentativo di costruire «una sorta di patto del Nazareno televisivo». I giovani turchi, nella maggioranza renziana, non lo firmano ma hanno parecchi dubbi: «I vertici Rai hanno sbagliato a formalizzare le proposte per le nomine prima dell’audizione», spiega Francesco Verducci, vicepresidente della commissione, «prima viene il progetto, poi i nomi», anche perché la discussione della Vigilanza «ha un indubbio valore istituzionale di cui i vertici Rai non possono non tener conto». Dg e presidente se ne sono infischiati. Per Verducci è «una grave sgrammaticatura istituzionale». Da destra, anche Maurizio Gasparri e Renato Brunetta preparano un documento. Per l’azzurra Gelmini «non è un bel regalo al servizio pubblico trasformare la Rai in un comitato elettorale per il Sì». I 5 stelle sono già in modalità combact: «Se loro occupano la Rai noi staremo in piazza», scrive su facebook Alessandro Di Battista. La Vigilanza slitta alle 22 a causa dei lavori della camera. Mentre il manifesto va in stampa rullano tamburi di guerra. In realtà la commissione non ha competenza sulla nomine, ma ha il dovere istituzionale di discussione sul piano dell’informazione. Quello del precedente dg Gubitosi, famoso per le newsroom, è stato discusso a lungo. I nuovi vertici Rai – che ieri pomeriggio sono stati anche ascoltati per due ore dall’autorità anticorruzione nell’ambito dell’ istruttoria su presunte irregolarità nelle procedure di assunzione di 21 dirigenti esterni – con un po’ troppa disinvoltura già ieri lo davano per approvato, tanto da programmare la chiusura della pratica già per stamattina.

Fra l’altro anche nel cda di oggi non tutto filerà liscio. Il consigliere Carlo Freccero è allibito: «È surreale parlare della sfida digitale e poi precipitare sui nomi. Tutta l’illustrazione di Verdelli viene ridotta a una mise en scène. Mentre Campo Dall’Orto pronuncia le sue parole magiche ’innovazione’ e ’contemporaneatà’, il clan di Palazzo Chigi chiede che si costituisca il fronte unico dell’informazione Rai a favore del sì in vista del referendum costituzionale. Dopo gli anni 50 è la prima volta che in Rai torna il monocolore governativo, a riprova che il vero ispiratore di Renzi è Fanfani». Anche Arturo Diaconale sbotta: «Una parte politica che rappresenta il 20 per cento del Paese, e tolgo anche la minoranza dem, occupa il 100 per cento del servizio pubblico». Provano a tenere botta i consiglieri renziani. «C’è una resistenza preconcetta e contraddittoria al cambiamento», dice Guelfo Guelfi. Ma anche per loro non sarà facile ’metterci la faccia’ e votare sì