Forse, per vedere come va a finire a Roma forse bisogna andare dove finisce Roma. O almeno dove sembra che finisca, per poi ricominciare in anfratti inaspettati e piccoli centri urbani che sembrano luoghi a sé stanti. Dove le macchine si mettono in fila per uscire dalle zone densamente abitate e andare ancora più a sudest, incolonnandosi in un serpentone di traffico che porta a casa chi torna dal lavoro nelle palazzine di pochi piani e recente costruzione.

BISOGNA ANDARE oltre il Colle Prenestino, in zone che una volta non erano manco borgate e che portano nomi pittoreschi come «Prato fiorito». Poi scendere fino al parco, costeggiando una vallata sulla quale in lontananza si affacciano le luci dei palazzoni di Tor bella monaca e più in là relitto non finito della vela di Santiago Calatrava.

È IN QUESTO scenario dalla composizione sociale indistinguibile, un po’ piccola borghesia un po’ popolo senza classe ai margini della metropoli infinita, che si svolge il comizio di Virgina Raggi con il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Paola Taverna. Sono ormai le otto di sera quando cinque auto blu oltrepassano a sirene spiegate le macchine ancora in fila, là dove la Prenestina smette di essere una strada urbana, passa sotto il confine fisico del Grande raccordo anulare e diventa una via a due corsie in mezzo ai capannoni delle autorimesse e il verde dell’agro romano.

«QUESTA NON è periferia – dice Conte rivolgendosi alla gente che si raduna attorno al pulpito allestito in mezzo al verde – Questo è un angolo di Roma che offre una visuale differente, e la arricchisce dal punto di vista sociale e economico. Noi dobbiamo superare il concetto di periferia: nella città che vogliamo possiamo ragionare di un centro e di aree mediane. Ma tutte devono partecipare alla ricchezza e alla vita sociale di Roma. Virginia ha interpretato questo progetto del M5S». In effetti, Raggi cerca di ripetere il miracolo di cinque anni fa, vuole accreditarsi ancora una volta come la faccia della rivincita delle zone che circondano, anche da chilometri di distanza, il centro storico.

CONTE DICE che Raggi ormai è una sicurezza, che non rappresenta l’ennesimo salto nel buio ma che si muove sulla scorta di quello che ha fatto. Di Maio mette sul piatto i fondi del Pnrr: «Stanno arrivando 230 miliardi di euro grazie a Giuseppe Conte – dice il ministro degli esteri – I sindaci sono fondamentali per spendere quei soldi, perché se si sbaglia mettiamo a rischio il nostro futuro. Quindi, vi chiedo di affidare quei soldi ad una sindaca che sa come spenderli: Virginia Raggi».

LA SINDACA è costretta a inseguire, dicono i sondaggi. Nel pomeriggio, ospite di una delle radio che parlano di calcio ai microfoni di Marione Corsi, una vecchia conoscenza dell’estrema destra riciclatosi speaker, usa una metafora calcistica romanista (essendo lei laziale): «Siamo a un testa a testa. La mia è come la corsa di Mourinho al novantaduesimo sotto la curva». E dopo il tira e molla sul nuovo stadio della Roma, coi grillini prima contrari poi favorevoli ma bloccati da questioni procedurali, la società giallorossa chiede che l’impianto si possa fare: «Lo vedrei bene a Ostiense, lì ci sono i servizi e siamo vicino al cuore dei romanisti», rilancia Raggi.

«ROMA È ANCHE tanti luoghi come questo – dice ai cittadini che la vengono a sentire – Le periferie vanno prese per mano, vanno curate. Roma deve essere ascoltata e deve essere abbracciata tutta intera. Ho ricostruito la macchina amministrativa e sono pronta a continuare». Però il Campidoglio appare davvero lontano, e i pezzi del mosaico della città che si estende al di fuori della ztl vanno letteralmente in fiamme. Nella notte, brucia l’ex fabbrica di Penicillina sulla via Tiburtina. Un pezzo di archeologia industriale, abbandonato da anni e da anni rifugio di senza tetto. L’ultimo sgombero risale al 2018, quando il M5S era al governo con la Lega e Raggi andava a trovare il ministro Salvini al Viminale per compilare liste di edifici da svuotare. In mattinata, esplode una palazzina in via Atteone, proprio tra Torre Angela e Tor Bella Monaca. Il fumo si diffonde su una delle zone residenziali disordinate e sorte quasi spontaneamente, con l’urbanistica a inseguire con regole e servizi. Accade nello stesso quadrante di città in cui Raggi ha organizzato la sua apparizione elettorale, dove la sindaca conta di poter recuperare molti voti perché questa città spesso balcanizzata, fatta di quartieri che non trovano una trama comune, cinque anni fa aveva individuato nella sua figura una forma di vendetta contro la politica tradizionale, quella che aveva amministrato la città nei decenni precedenti.