L’iter del decreto Crescita prosegue al rallentatore, nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, come se il provvedimento non dovesse ancora passare il vaglio delle due Aule parlamentari e non dovesse scadere a fine luglio (tanto c’è la fiducia). E della riforma complessiva del settore della comunicazione istituzionale, promessa dalla maggioranza di governo con una mozione al Senato, nell’ambito della quale si colloca il rinnovo della convenzione con il Mise per la trasmissione delle sedute parlamentari, non si sente neppure l’odore. Ma per Radio Radicale il tempo stringe e non c’è spazio per i giochi di palazzo.

«Le prossime ore sono determinanti per la vita del servizio di trasmissione delle sedute del Parlamento svolto da 43 anni da Radio Radicale». Il grido d’allarme è stato lanciato dal cdr dell’emittente politica più importante d’Italia che rivolge un appello al governo affinché si faccia «carico della situazione di gravissima incertezza in cui si ritrovano gli oltre 100 lavoratori, interni ed esterni, della radio». E si appresta oggi a consegnare a Palazzo Chigi le oltre 167 mila firme raccolte a sottoscrizione della petizione lanciata dal Partito Radicale sulla piattaforma Change.org. Ad accompagnare una rappresentanza della storica radio ci sarà Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della Stampa, e alcuni parlamentari del Pd, Leu, Lega, FI e FdI.

Ai giornalisti e alle maestranze di Rr, spiega la nota del cdr, «nelle attuali condizioni l’azienda non può dare nessuna garanzia, nemmeno per l’immediato». Cuori puntati dunque sul Dl Crescita che è ormai l’unica «occasione per governo e maggioranza di dimostrare concretamente la volontà di raccogliere le sollecitazioni venute dall’Agcom e ascoltare gli appelli» venuti dalla società civile e dalle organizzazioni di tutta Italia, e da ogni parte politica e istituzionale.

Anche la Fnsi chiede che «gli emendamenti relativi al salvataggio dell’emittente e alla moratoria ai tagli del fondo per l’editoria (che uccidono il manifesto, l’Avvenire e centinaia di cooperative editoriali, ndr) siano inseriti nel dl Crescita, così che finalmente tutti gli attestati di solidarietà, arrivati anche da non pochi esponenti della maggioranza, possano trasformarsi in atti concreti e voti, impedendo un ulteriore colpo alle voci della diversità e delle differenze e dando ascolto alle parole del presidente Mattarella, che più volte ha richiamato il valore dell’articolo 21 della Costituzione come presidio di democrazia».