Nulla come la battaglia per tenere viva Radio Radicale riesce ad unire l’Italia politica. Neppure il 25 aprile o la Festa della Repubblica, si potrebbe dire con una bestemmia. E così, dopo che una delegazione “multipartisan” di parlamentari ha consegnato alla Cancelleria di Palazzo Chigi le oltre 167 mila firme raccolte in calce alla petizione lanciata su Change.org dal Partito Radicale, è andata in scena la migliore convergenza politica degli ultimi tempi. «Ci appelliamo alla Lega, che quando vuole si impegna sulle sue battaglie», ha detto Laura Boldrini (Leu) ai colleghi del Carroccio durante la conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio. Ed è tutto dire.

Ma ha fatto bene, l’ex presidente della Camera. Perché mentre nella sala stampa di Montecitorio si susseguivano gli interventi di tutto l’arco parlamentare tranne il M5S (tra gli altri, Luca Paolini della Lega; Stefano Fassina e Federico Fornaro di Leu; Mauro Del Barba, Graziano Delrio, Roberto Giachetti (in sciopero della fame), Filippo Sensi, Stefano Ceccanti, Ivan Scalfarotto e Giuditta Pini del Pd; Fabio Rampelli e Federico Mollicone di FdI; Renato Brunetta di FI e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali dei giornalisti e dell’Fnsi), nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera le impuntature del Movimento 5 Stelle riuscivano a bloccare perfino i lavori sul Dl Crescita.

È in quella sede, infatti, che si attende il provvedimento che potrà prolungare la vita dell’emittente fino a nuova gara, come previsto dalla stessa maggioranza di governo. Ed è l’ultima chance, perché in Aula sul provvedimento è già prevista la fiducia. E di tempo, Radio Radicale non ne ha molto, a tre settimane dalla scadenza della convenzione con il Mise.

Ma ad un Matteo Salvini che ancora ieri ribadiva: «Su Radio Radicale non cambio idea rispetto a quanto ho detto prima delle elezioni: non si cancella l’esistenza di una radio con un emendamento e con un tratto di penna», spiegando di aver dato mandato in Commissione «di lavorare affinché questa voce ci sia», ha risposto un astioso Vito Crimi.

«Ricordo, per mero dovere di cronaca, che nell’anno 2019 Radio Radicale ha maturato il diritto a percepire 9 milioni di euro, sottolineo 9 milioni di euro», sono i conti del sottosegretario con delega all’Editoria. Un’erogazione che, secondo l’esponente grillino, «dovrebbe rassicurare anche la Lillo Spa che fattura 2,3 miliardi di euro, socio al 25% della Spa che controlla la radio di partito».

Naturalmente Crimi sa bene che questi numeri non vogliono dire molto, di per sé. E soprattutto sa che «per l’anno 2019, ad oggi, Radio Radicale non ha ancora incassato nulla», come ricorda in una nota l’emittente (tecnicamente una Spa al 64% della Lista Marco Pannella, al 6% del Centro di produzione, al 25% della catena di discount della Lillo e al 5% della commercialista Cecilia Angioletti, partecipazioni queste ultime di carattere filantropico, ottenute nel 2000 a seguito di uno dei tanti appelli fatti nel corso degli anni da Pannella per salvare Radio Radicale).

«Nei prossimi giorni – si legge ancora nel comunicato della radio – dovremmo incassare il corrispettivo per il primo semestre 2019 della convenzione con il Mise pari ad euro 4.098.000. La differenza di euro 902.000 viene versata direttamente dal Mise all’Agenzia delle entrate in base alla normativa sullo Split Payment. L’importo che incasseremo è stato anticipato dalle banche per consentirci di svolgere l’attività nel primo semestre di quest’anno. Il contributo per l’editoria di 4 milioni di euro per l’anno 2019 verrà incassato a dicembre 2020 in base al regolamento in vigore su tali contributi». E, come sempre in questi casi, l’emittente potrà ricevere un anticipo della somma «di circa 1,6 milioni dal settembre 2019» solo «se le banche saranno disponibili».

Ma è proprio sulla somma che potrebbe essere stanziata nell’emendamento «salva archivio», previsto come contributo per l’Editoria, che si discute in commissione. I lavori riprenderanno dopo che l’Aula avrà affrontato lo «sblocca-cantieri». L’ultima chance per «un unicum, come il Colosseo» (copyright di Paolini, Lega) è la libertà di voto dei deputati a 5 Stelle. Libertà dai diktat ideologici. «Comunque vada, noi andremo avanti – promette Giovanna Reanda, del cdr di Rr – nessuno si illuda che il nostro stile significhi debolezza».