Per adesso sono circa 70 i braccianti africani nel ghetto di Campobello di Mazara, in provincia di Trapani. Il numero è destinato a crescere man mano che si avvicina la stagione delle olive, a settembre. Allora arrivano a toccare circa le 1.500 presenze. Quando non sono lì si spostano per la raccolta degli agrumi, d’estate fanno i venditori ambulanti. I prossimi mesi saranno difficili vista la crisi del comparto turistico.

DURANTE L’EMERGENZA PANDEMIA sono rimasti confinati nelle baracche costruite con materiale di risulta, teli azzurri dismessi dalle aziende agricole tenuti insieme con il nastro adesivo. Niente elettricità, niente acqua «per lavarsi spesso le mani», come da istruzioni anti Covid-19. Il sindaco voleva sgomberarli perché dal 2018 occupano il suolo di un privato ma, vista l’emergenza sanitaria, si è deciso di non procedere. Da un mese e mezzo arriva un’autobotte con l’acqua ma d’estate non basterà.

Contadinazioni, Sportello contro le discriminazioni sul lavoro Palermo, Casa del mutuo soccorso Fifiddu Robino Partinico e Fuori Mercato hanno promosso una raccogliere fondi, martedì scorso erano a 3.140 euro, per portare una fontana al campo. Ne servono 6mila. «Ci mettiamo l’impegno dal basso – spiega Martina Lo Cascio di Contadinazioni – ma tocca al comune attivarsi. La pandemia ha fatto crollare l’ipocrisia per cui non si può portare l’acqua perché è un’occupazione illegale. L’economia della zona si basa sul loro lavoro. La fontana, del resto, è solo una misura d’urgenza».

QUELLO CHE CHIEDONO è un censimento per i senza fissa dimora per permettere ai braccianti africani di aver un indirizzo, in modo da poter accedere alla regolarizzazione, e un fondo di garanzia per agevolare il fitto di appartamenti. «Chiediamo anche una maggiore valorizzazione salariale di chi oggi è alla base del settore primario del paese. Il decreto Rilancio, con la misura sulle regolarizzazioni, lascerà ancora una volta i rapporti tutti sbilanciati a favore del padrone».

NELLA ZONA CRESCONO LE OLIVE da tavola Nocellara del Belice, nelle tipologie verde o nera. Si tratta di una produzione dop, il disciplinare prevede che vengano raccolte a mano perché non devono rovinarsi. La maggioranza dei piccoli produttori cede le olive a pochi intermediari che le immettono nella grande distribuzione, che assorbe l’80% della produzione. Da contratto, la paga dovrebbe essere 51 euro a giornata invece si va a cottimo: da 3 a 3,50 euro a cassetta, i tunisini arrivano a 4 euro. Si lavora dalle 7 alle 17. In origine era un’attività familiare, poi sono arrivati i tunisini e dagli anni Duemila i subsahariani, in particolare dal Senegal. Il primo insediamento informale era in contrada Erbe bianche, auto organizzato e abbandonato, ma almeno c’era un rubinetto d’acqua.

NEL 2017, con la legge 199 contro il caporalato, viene istituita una tendopoli ufficiale: si accede solo con il permesso di soggiorno, bisogna versare un contributo ma c’è il catering esterno. Soprattutto, è solo per 156 persone così resta vuota. Il comune lascia il ghetto in piedi fino alla fine della raccolta e poi a marzo sgombera. Dal 2018 il nuovo ghetto sorge nell’area di un privato, l’ex Calcestruzzi Selinunte: «Le ordinanza anti bivacco, la pressione della popolazione, li hanno spinti in una condizione peggiore e più isolata – conclude Lo Cascio -. Torna la tendopoli ufficiale, questa volta da 250 posti, ma il ghetto resta affollato. I braccianti servono ma devono essere invisibili e senza servizi. Ci vuole la regolarizzazione senza condizione, non si può legare l’esistenza al ricatto del lavoro».