«In Francia e in tutti i Paesi del mondo dove abbiamo presentato L’ultima ora sono stati proprio i più giovani a premiarci» dice Sébastien Marnier del suo film che invece in Italia – dove ha debuttato lo scorso autunno nella sezione Sconfini del Festival di Venezia – esce con un divieto ai minori di 14 anni. Nonostante sia un film proprio incentrato sui più giovani e – aggiunge il regista – «a loro indirizzato».

Perché ha deciso di adattare il romanzo omonimo di Christophe Dufossé ?
Quando è uscito, nel 2002, ha riscosso un grande successo, più di un amico me ne ha parlato. E appena l’ho letto ho provato il desiderio di adattarlo per il cinema: avevo già delle idee sulle inquadrature, sui suoni, immaginavo anche la musica. Il libro comincia come un romanzo corale sull’educazione statale in Francia e progressivamente si tramuta in un noir, un thriller, una storia horror – prende in prestito elementi di genere con cui contamina la narrazione, alla maniera di Stephen King. Sapevo di poterne trarre un film di genere terrificante e al contempo politico sulle paure degli adolescenti.

Il film esce proprio nel momento in cui gli adolescenti di tutto il mondo si sono fatti i portavoce della lotta al cambiamento climatico, denunciando l’apocalisse cui andiamo incontro.
Abbiamo girato L’ultima ora due anni fa, prima che cominciassero le grandi manifestazioni degli studenti per il clima. Ma più passa il tempo, più il film risuona con l’attualità. Sono emerse figure forti come quella di Greta Thunberg: mi rassicura che i giovani in tutto il mondo abbiano colto e stiano affrontando questo problema. Il film si pone una domanda essenziale: che mondo lasceremo ai nostri figli? Come abbiamo potuto essere così irresponsabili? È qualcosa di cui ho parlato a lungo insieme ai miei giovani attori, che sono tutti molto preoccupati per il futuro del nostro pianeta.

Nell’«Ultima ora» la scuola è anche il luogo di uno scontro generazionale che simboleggia la società intera. Qual è il ruolo degli studenti francesi nella contestazione politica attuale?
In Francia i giovani non sono più interessati alla lotta politica tradizionale, si sono allontanati dai partiti politici classici e dai sindacati. Non resta che la battaglia ecologica a riunire le generazioni più giovani, a farle scendere in piazza prima che sia troppo tardi. Non si tratta solo di salvare il pianeta, ma la nostra stessa specie. I giovani hanno lanciato l’allarme ed è grazie a loro che questo dibattito è diventato trasversale: in Francia il partito ecologista ha registrato un risultato molto importante alle elezioni europee.

Da molti punti di vista il film ricorda «L’inquilino del terzo piano».
Polanski non è mai «lontano». Ammiro il modo in cui rende inquietante la narrazione attraverso la messa in scena, il lavoro sul suono. Amo molto anche John Carpenter, che ha realizzato dei film di genere «puri»: divertenti, popolari eppure fortemente politici. Sono film che parlano dell’America, della società… Inoltre credo sia evidente che mi sono ispirato a entrambe le versioni del Villaggio dei dannati, ai film di Romero ma anche al Nastro bianco di Haneke. Volevo filmare i miei giovani protagonisti come degli zombie, come un mostro a sei teste, con dei movimenti molto coreografati. Questi adolescenti, come tutti i loro coetanei, amano mettersi in scena, «fare paura» al mondo che li circonda. Tuttavia più il film progredisce, più questo «mostro» diventa umano. E più lo spettatore, attraverso lo sguardo di Pierre (il loro professore, ndr), comprende da dove viene questa violenza. Dietro la loro radicalizzazione c’è la disillusione, la paura, la rabbia, e una reale incapacità di rapportarsi al mondo contemporaneo.

Cosa pensa della decisione della censura italiana di vietare il film ai minori di 14 anni?
È una scelta che non comprendo, mi sembra assurda. L’ultima ora è un film che mette in scena le paure degli adolescenti attraverso dei protagonisti della loro stessa età. In Francia ha vinto il premio Jean Renoir, assegnato dagli studenti liceali, e l’anno prossimo verrà proiettato nelle scuole. Vietare il film ai minori di 14 anni è una prova ulteriore della nostra mancanza di fiducia nei giovani. Gli spettatori adolescenti sono perfettamente consapevoli del fatto che si tratta di una favola, di un film di intrattenimento che affronta questioni sociali e politiche. Mentre tanto cinema di massa li sommerge di immagini violente, discorsi sessisti, omofobi e razzisti, il mio film è un invito al dibattito, un’occasione per risvegliare le coscienze. Ma può essere che sia proprio questo a non piacere al governo e alla commissione censura.