Qual è la soglia fisiologica di assenze in un’elezione del presidente della Repubblica? La domanda è circolata a Montecitorio durante l’ultima conferenza dei capigruppo, quella che ha preso un po’ di decisioni tecniche sul modo in cui svolgere le votazioni da lunedì 24 gennaio – catafalchi senza tende, scaglionamento in aula, penne disinfettate – ma ha evitato di decidere sul problema più grande. Che riguarda i grandi elettori impossibilitati a partecipare all’elezione. Perché positivi al Covid, anche senza sintomi, o perché in quarantena dopo un contatto a rischio o persino perché residenti nelle isole ma senza il super green pass richiesto per lo spostamento sul continente.

Il caso dei parlamentari e dei delegati regionali esclusi contro la loro volontà è stato sollevato dalla destra, più di tutti da Fratelli d’Italia. Ma Pd, 5 Stelle e alleati sono stati indisponibili a valutare nuove soluzioni in grado di annullare o limitare il problema. Hanno risposto che gli assenti per forza maggiore ci sono sempre stati e che qualsiasi concessione a chi è bloccato dal Covid andrebbe estesa a tutti i malati, con il risultato di consentire deroghe eccessive. La riunione si è chiusa senza nessuna decisione sull’argomento, il sospetto che la chiusura del centro sinistra dipenda dalla convinzione che gli assenti saranno sopratutto nel campo berlusconiano e la certezza che se ne dovrà discutere ancora. Perché l’idea che un alto numero di assenze nel voto per il presidente della Repubblica sia fisiologico non regge davanti ai precedenti.

Il sito della camera dei deputati ha recentemente pubblicato, tra le altre cose, i verbali di tutte le precedenti elezioni del capo dello stato. Gli assenti in quello che è l’appuntamento più importante per un parlamentare sono sempre stati pochi. Da un minimo di 9 a un massimo di 32. Nelle due elezioni di Napolitano sono mancati appena 9 grandi elettori (su 1009, come oggi), nell’elezione di Mattarella 14. Nella storia, solo in quattro casi il numero degli assenti in questa solenne occasione ha superato la ventina. È successo nelle uniche due occasioni in cui il presidente della Repubblica è stato eletto alla prima votazione con una maggioranza tale da rendere irrilevanti gli assenti (32 per Cossiga, 21 per Ciampi). È succeso anche nel caso dell’elezione di Saragat, nel 1964 quando si registrarono 26 assenti ma dopo dodici giorni di votazioni e 21 scrutini. E nel caso di Einaudi, quando mancarono 28 grandi elettori in un paese ancora piegato dalla guerra e con enormi difficoltà negli spostamenti.

La situazione che le camere riunite si troveranno a fronteggiare a partire da lunedì 24 sarà assai diversa. Spostato in avanti per cercare di evitare il picco dei contagi e dare tempo ai partiti di trovare un accordo, il primo scrutinio per il presidente cadrà invece nel momento peggiore della pandemia e – a oggi – senza alcun accordo. Secondo le stime, in assenza di nuove regole saranno almeno una cinquantina i grandi elettori assenti.

Un’alternativa poteva essere il voto elettronico a distanza, ma è stata immediatamente esclusa. Anche se tre Consigli regionali – Piemonte (con qualche problema), Toscana ed Emilia – hanno scelto proprio questo metodo per eleggere i loro delegati regionali. Restano due strade, quella di trovare sedi o momenti separati per far votare i grandi elettori in quarantena, ma in grado di raggiungere il Palazzo, e quella consentire l’espressione del voto da remoto, ma in maniera da preservarne la segretezza, per esempio con una busta chiusa consegnata e immediatamente ritirata a domicilio dalla polizia. Resta in realtà anche la strada di continuare a ignorare il problema, ma sicuramente non porta lontano.