Immagini dall’Iran.
Lei è vestita di chiaro, balla roteando verso un falò, tiene in mano un velo, lo getta nel fuoco, poi allarga e alza le braccia come a donarsi all’aria, felice, altre donne la applaudono. Loro sono vestite di nero, inquadrate da dietro, camminano su un marciapiede alberato costeggiato da una strada stracolma di auto. Sono bionde, i capelli scoperti e legati. I clacson suonano, loro due e altre donne più avanti si girano, alzano il braccio sinistro, aprono le dita in segno di vittoria, sorridono e le auto strombazzanodi più.
Un mare di teste velate di nero sta compresso dentro il cortile di una scuola, un uomo sale su un piccolo palco, le ragazze velate gli gridano contro, alzano le braccia come a volerlo cacciare, le voci aumentano, sono più forti, e ancora più forti, e le braccia si muovono a un ritmo sempre più frenetico, sembra uno stormo di uccelli furiosi. L’uomo se ne va, le spalle curve, inseguito da grida che gli dicono «Vai al diavolo».
Un gruppo di studentesse stacca dal muro di un’aula una foto incorniciata di Ruhollah Khomeyni e Ali Khamenei, la appoggia su un tavolo, la taglia e la fa a pezzi fra grida di giubilo, un’altra prende un’immagine simile e la appende a faccia verso il muro.

UNA FOTO. Una giovane donna sta in piedi davanti a una tomba, quella di sua madre, uccisa durante le manifestazioni. La ragazza ha la testa parzialmente coperta da un foulard bianco, ma nella mano sinistra tiene come un’arma un mazzo di capelli. Sono i suoi. Li ha appena tagliati, come protesta, come gesto simbolico, come a dire che la lotta la continuerà lei, per se stessa, per sua madre e per tutte le altre.
Esterno notte, in una via di Tehran, qualcuno da un balcone filma una folla infinita di donne a capo scoperto e di uomini che sfilano fischiando e gridando slogan contro il regime. Le voci sono un’onda di energia. Ai lati della strada, alcuni poliziotti si tolgono il casco e sfilano con la gente.
Ognuno di questi video è stato girato dopo il 16 settembre, quando la polizia morale iraniana restituì cadavere il corpo di Masha Amini, 22 anni, arrestata perché portava male il velo. Ognuno di questi video viene da varie città e scuole dell’Iran e, attraverso i social, porta dentro i nostri telefoni, tv, computer la protesta di un popolo che non ne può più di essere oppresso dal regime degli ayatollah.
Ognuno di questi video è girato non da giornalisti o professionisti, ma dalla gente, con cellulari, dal mezzo della folla, da balconi, lungo le strade e le piazze. Sono immagini spesso sfocate, traballanti, mosse da fughe improvvise, in mezzo a corpi che formano un corpo solo, compatto, con inquadrature spesso sghembe, in luci notturne.

Una giovane sta in piedi davanti a una tomba, quella di sua madre, uccisa durante le manifestazioni. La ragazza ha la testa parzialmente coperta da un foulard bianco, ma nella mano sinistra tiene come un’arma un mazzo di capelli. Sono i suoi.
Sono video tecnicamente imperfetti, eppure… Eppure sono documenti assoluti. Raramente si sono viste immagini così coinvolgenti e che, per di più, e non è cosa da poco, soprattutto oggi, invece di portarti dentro casa la morte e la guerra, fanno sentire quanto può essere potente il desiderio di libertà e di vita, ed è una potenza espressa e guidata dalle donne, un evento mai visto prima contro un regime.

GUARDARLE è come essere lì, in mezzo a quella folla di donne. La loro determinazione buca ogni distanza, si materializza dentro i nostri piccoli o grandi schermi, e noi le guardiamo, e le riguardiamo, e le riguardiamo, ipnotizzati dalla forza che emanano e che ci dice di che cosa sono capaci le donne quando dicono Basta, e lo fanno senza armi, senza sparare,senza picchiare nessuno, ma con l’onda vitale della loro energia e del desiderio. Siamo tutte iraniane.

mariangela.mianiti@gmail.com