Come il giorno e la notte. Di giorno l’atmosfera è insolita rispetto ai precedenti debutti del Festival. Negozi, uffici e molti locali sono chiusi. Persino trovare parcheggio è facile. Da non crederci, ma è il primo agosto, festa nazionale Svizzera, un po’ come il 25 aprile in Italia, e la gente spopola le vie di Locarno per festeggiare la nascita della Confederazione, avvenuta nel 1291, con grigliate di bratwurst, cervelat e costine nei giardini di casa, nei grotti, in famiglia e con amici. La sera, però, l’animazione torna a essere quella consueta perché c’è il film in Piazza Grande, la proiezione più seguita e popolare, capace di unire palati esigenti e folle.

Il filo conduttore della serata d’apertura è la comicità rivestita a volte da amarezza, a volte da riflessione. Dopo un omaggio a Leo McCarey, regista cui è dedicata la retrospettiva, con Liberty, un corto del 1929 in cui Stanlio e Ollio, evasi da un carcere, fuggono ritrovandosi a ballare in cima a un grattacielo una rocambolesca danza della forza di gravità, si proietta Les beaux esprits, film francese ispirato a fatti reali avvenuti ai Giochi paralimpici di Sydeny 2000. Diretto da Vianney Lebasque e interpretato da Ahmed Sylla, Olivier Barthélémy, Jean-Pierre Daroussin e Camélia Jordana, è una commedia sociale che parla di disabilità.

Martin, un testardo e introverso Jean-Pierre Daroussin, allena la squadra francese di basket per disabili mentali. Alla vigilia della partenza, però, i migliori giocatori abbandonano il team lasciandolo solo con due atleti. Rinunciare alla sfida gli è impossibile. Avendo lui una figlia portatrice di handicap, quei giochi sono per l’allenatore anche una lotta personale contro i pregiudizi. Martin decide così di mettere in piedi un vero e proprio imbroglio e ingaggia cinque atleti dilettanti sani di zucca che nella vita fanno tutt’altro, dall’attore al disoccupato. Per poter ingannare i controlli degli psichiatri della federazione, li istruisce su come fingere l’handicap mentale, comportarsi con gli estranei, rispondere alle domande e, ovviamente, mantenere il segreto assoluto sull’inganno. Quando uno dei cinque chiede come potrà tenere nascosta la cosa, visto che partecipano a una gara pubblica e da casa qualcuno potrebbe riconoscerli sui giornali o alla televisione, Martin dice: «Tranquilli, non c’è pericolo. I giochi dei disabili non interessano a nessuno e nessuno ci filmerà o intervisterà». Mai previsione sarà più sballata. La vita in equipe, il gioco e la convivenza producono effetti imprevisti. L’arrivo nel villaggio olimpico di Sydeny, con atleti che giungono da tutto il mondo, la possibilità di divertirsi nei bar e di conoscere ragazze fa il resto.

Dopo alcuni scontri e incomprensioni, i cosiddetti sani si integrano perfettamente con i due picchiatelli e sia il gioco che i rapporti personali ne traggono vantaggio. La coesione in campo diventa così forte che la squadra comincia a vincere una partita dopo l’altra, fino ad arrivare alla finale. Martin da una parte vorrebbe fermare quell’avventura che è andata molto al di là delle sue previsioni, dall’altra si rende conto di non riuscire più a controllare il giocattolo che ha messo insieme e sia lui che la squadra si avviano verso un epilogo carico di sorprese.

Vianney Lebasque è un regista che ama le commedie drammatiche sull’adolescenza. Firmate da lui sono Petits Princes (2013) il cui protagonista, Paul Bartel, è stato nominato ai César, e Les Grands, serie televisiva pluripremiata al Festival International du Film de La Rochelle. Consapevole che fare della commedia su temi come questi espone sempre al rischio di scivolare nel patetico, ha cercato di non cadere nel macchiettistico o nell’eccesso di ottimismo inserendo nei dialoghi riflessioni su che cos’è la normalità mentale, domanda che in effetti dovrebbe farsi più spesso ognuno di noi. Per poter partecipare ai giochi paralimpici come disabile mentale, per esempio, bisogna avere un QI non superiore a 70.

La domanda che Lebasque spinge a farsi è, dunque, chi di noi può davvero dirsi normale? E i test che misurano l’intelligenza sono da considerare come vangelo? Tengono conto di tutti i tipi di intelligenza? Si scopre, per esempio, che uno dei giocatori normodotati ha un QI di appena 73, mentre uno dei disabili ha una memoria matematica impressionante che gli permette di vincere forti somme di denaro giocando a carte. Poiché il regista ha usato due attori non professionisti e portatori di handicap, sia lui che il cast si sono resi conto che mescolare sani e non sani, ufficialmente parlando, porta benefici a tutti. «Un giorno – ha raccontato Olivier Barthélémy- non ricordavo assolutamente la mia parte. Ebbene, mi ha salvato uno dei due disabili che sapeva a memoria le parti di tutti». Resta una domanda. Imbrogliare a fin di bene è lecito? Lebasque dice di no, ma il suo film è meno categorico.