Fra Correggio e Zocca deve esserci qualcosa che stimola ad alzare il volume, certe volte, mi venga concesso, pure troppo e senza motivo. I Gazebo Penguins vengono da lì, vanno verso i 4 lustri di attività, si sono presi 5 anni per presentare Quanto, un prodotto immediato e concentrato, sette brani lucidi, in cui si propongono di dare più profondità ai contenuti. Ci riescono, in parte, perché se chitarre e batteria pestano e vanno dritte al dunque, sui testi si rimane in una dimensione sospesa, manca la cattiveria di un certo rock e non c’è la nonchalance del pop. Ma attenzione, si tratta di una dimensione propria di una band che alterna leggerezza, citazioni, accelerazione e sospensione, in un intreccio che permette di passare da un brano all’altro con continuità. Ecco, uno dei motivi per cui c’è da ascoltare quest’ultimo lavoro è la forza di attrazione (per rimanere nella fisica che ispira il titolo dell’album) che Piter, Sollo, Capra e Rossi forgiano partendo dai due singoli, Nubifragio e Cpr14, attraverso cui si entra in questa atmosfera atipica, fra filosofia e quotidiano, di una band poco incline alle definizioni. Se ne esce con un senso di rarefazione del mondo reale.