Non era facile guidare il lettore negli itinerari di una forma discorsiva che, con il nome di Ideologia, accompagna la nostra modernità da più di due secoli; un discorso che ha prodotto, anche solo come riflessione sulle sue forme, una letteratura teorica e politica sterminata. Carlo Galli, in un breve, ma nello stesso tempo densissimo e compatto volumetto (Ideologia, il Mulino, pp.168, euro 13), sembra essere riuscito nell’intento.
L’autore, nonostante l’impianto prevalentemente teorico del suo modello argomentativo, non ne resta prigioniero. «L’inizio è sempre un movimento sociale reale», afferma, e, sulla base di questa constatazione, il pur indispensabile strumento teorico trova momenti di concretizzazione nel rapporto con i processi storici. Inoltre, visto che «la comprensione dell’ideologia non può essere solo formale (strutturale, funzionale e intellettuale), essa «deve essere una genealogia». La comprensione, cioè, deve nutrirsi di sapere storico poiché è l’ideologia ad avere «uno spessore concreto e storico».

TERRY EAGLETON, uno degli studiosi più originali che abbia affrontato il tema dell’ideologia nella sua complessità, ha proposto una lista con sedici definizioni di ideologia. Alcune di queste sono tra loro compatibili, pur accentuando in maniera diversa taluni significati. Altre sono del tutto incompatibili. Il fatto che uno stesso frammento di discorso possa essere ideologico in un contesto e non esserlo in un altro risulta essere, di per sé, un moltiplicatore di definizioni. Insieme al fatto che l’ideologia è una funzione del rapporto tra un’espressione e il suo contesto sociale. Perciò la storia del concetto diventa essenziale alla comprensione della molteplicità, necessariamente declinabili in termini storici, dei rapporti tra le definizioni.
Carlo Galli articola la propria analisi proprio nella ricostruzione dei nessi, e soprattutto delle contraddizioni, che caratterizzano l’insieme dei suddetti rapporti.

LA CHIAVE INTERPRETATIVA, forse la più importante, ch’egli utilizza è racchiusa in questa icastica espressione: l’ideologia è «un’Aufklärung percorsa dalla dialettica», un’illuminazione che si combina con propaganda e cultura; «insomma una contraddizione».
La contraddizione dialettica sta nel cuore dell’ideologia perché in questo cuore c’è «la critica, la pretesa ’scientifica’ – più o meno fondata, ’articolata’, potente – di chiarire e organizzare concettualmente l’esistenza collettiva». Dialettica implicita nella tensione insopprimibile tra una scienza sociale intesa come strumento di conoscenza precisa e rigorosa del reale e la sua traducibilità politica in «un progetto di ordine nuovo».

IL FILOSOFO ETIENNE BALIBAR ha chiamato «vacillazione» un aspetto della dialettica tra i due poli in tensione. Un concetto utilizzato per spiegare i movimenti tramite i quali l’ideologia «continua a tradursi in eclissi, deviazioni antitetiche e spostamenti di problematiche» (La vacillazione dell’ideologia nel marxismo, 2001).
Galli, giustamente, ha posto la «critica» come fondamento del polo dell’ideologia che ha «pretese ’scientifiche’». Le caratteristiche degli strumenti analitici tramite i quali la «critica» viene esercitata, però, sono in grado di dirci molto sul grado di fondatezza delle «pretese». La marxiana critica dell’economia politica, ad esempio, ha in sé, non, ovviamente, nelle scolastiche che ne sono derivate, una struttura «vacillante»?
In realtà, la critica dell’economia politica è aspetto fondamentale della critica dell’ideologia. Si tratta, infatti, di una vera «cesura epistemologica» nel modo di pensare tanto economia che pensiero economico. Ancora nel momento attuale, sul piano teorico, l’unica antitesi «scientifica» alla fase in corso di totalitarismo neoliberista.

NELLA NOSTRA VICENDA lunga quasi duecentocinquanta anni anni l’ampiezza delle «vacillazioni» non poteva che essere legata a circostanze storiche specifiche. Oggi, nelle circostanze storiche che stiamo vivendo, è scomparsa la tensione originaria? Se, come sostiene un luogo comune ripetuto ossessivamente da gran parte della pubblicistica corrente, siamo ormai nel tempo della fine delle «ideologie» (già l’uso del plurale è indicatore di un’avvenuta ampia vacillazione), ciò significa che la scienza sociale ha assunto una trasparenza assoluta.
Nella parte conclusiva del saggio una prospettiva del genere è sottoposta a critica radicale. Con linguaggio asciutto e rigoroso Galli delinea un quadro dominato non da una narrazione economico-sociale frutto di una «trasparenza assoluta» della scienza, bensì da un dominio «assoluto» dell’ideologia.