Al mio papà quella tuta bianca leggera, forse di carta, proprio non andava giù.

A me invece, che ero una bambina, ricordava quella degli astronauti e così facevo volare su in alto mio padre, anche se allora non capivo bene le sue telefonate: …erano i compagni di lavoro.

Erano preoccupati, dicevano che con quella tuta dovevano tornare a studiare. Dovevano imparare a fare le macchine perché mio padre proprio quelle faceva. E lui si arrabbiava e diceva che le faceva già da tanto tempo e che le sapeva fare proprio bene! Anche il capo lo diceva sempre al mio papà quando a “Natale Bimbi” andavamo a prendere il regalo!

Ma poi i corsi cominciarono e di sera attorno al tavolo per la cena papà, un po’ triste e sempre più arrabbiato, ci raccontava che avevano deciso di farlo rimanere a casa per un po’ di tempo ma che avrebbe continuato a studiare perché poi di macchine ne avrebbero fatte proprio tante e che gli operai dovevano essere super specializzati.

In fabbrica non si andava più, ma di tanto in tanto si tornava a fare i corsi: in fabbrica, alla regione, all’Inail… Studia, studia, studia… per poi sentirsi dire che ancora non sei pronto per lavorare con quelli della Panda e che… «ti tocca rimanere a casa», a raccontare dell’ultimo corso di formazione…

Ma ormai sono cresciuta e la storia l’ho capita. Ma per favore non dite a me di studiare per poi lavorare! A me che da una vita vedo papà studiare per poi… restare a casa a raccontare un pesce d’aprile che dura da una vita!

*Fabiana Esposito, 17 anni, di Napoli, diplomanda delle superiori, ha voluto sintetizzare con questa lettera pubblica il clima di precarietà e mancanza di credibili sbocchi lavorativi vissuto dalle famiglie dei lavoratori Fiat da anni in cassa integrazione straordinaria.
Il papà di Fabiana è Massimo Esposito, 48 anni, uno dei circa 1.500 operai della Fiat/Fca di Pomigliano in cassa integrazione e che da 8 anni, dal lontano gennaio 2008, sono periodicamente “tornati in aula” per partecipare ai vari moduli di attività di orientamento e formazione professionale organizzati nel tempo dalla Fiat – «per rendere possibile la Sua prestazione di lavoro con il riorganizzato processo produttivo» – e dalla regione Campania… per poi continuare a rimanere a casa.
Massimo è stato successivamente trasferito, all’unità logistica (Wcl) di Nola. Dopo tanto studiare, a Pomigliano come a Nola, questi lavoratori (1.149 per Pomigliano e circa 300 per Nola) continuano a non lavorare alla produzione delle Panda perché, a detta dell’azienda, ancora non sufficientemente «professionalizzati».
Lettera inviata dal Comitato mogli operai – Pomigliano.