Parte da Ivrea la tappa di oggi, ma si sconfina presto e i chilometri finali che proiettano il gruppo verso Como fanno il verso al Giro di Lombardia, e Nibali nostro ne ha due nel carniere. Ghisallo, Colma di Sormano, Civiglio prima della picchiata sul traguardo.

Si ritorna a far visita a Fiorenzo Magni, che in quei paraggi si trasferì in fretta e furia dopo la Liberazione. Il santuario della Madonna del Ghisallo è adesso il tempio del ciclismo. Quassù in cima, in una giornata d’ottobre del ’56, proprio Magni suonò la carica del gruppo (e di una parte del popolo italiano), quando la Dama Bianca si affacciò dall’auto della Gazzetta dedicandogli, irriverente, il gesto dell’ombrello. C’era in fuga Fausto Coppi, quel giorno il caleidoscopio delicato dei suoi muscoli si era come ricomposto, e il Campionissimo sembrava involarsi verso l’ultima resurrezione prima del tramonto. Troppe ne aveva fatte Magni a Coppi in corsa, Giulia non resisté. “Gran troia!” le urlò Magni, per poi accanirsi in una rincorsa imbufalita che lo condusse non alla vittoria, ma alla vendetta dell’oltraggio. Gruppo rientrato e Coppi battuto in volata dal francese Derrigade.

Oggi, tanto per cambiare, vanno via Cattaneo e Cataldo. Un Giro intero in fuga.

L’impresa è disperata, due soli contro tutti per 200 lunghissimo chilometri. La parola passa allora a Franco Fortini. Non penseranno alla vittoria finale (Sia ben chiaro che non penso alla corsetta), ma intanto vanno (Penso invece a questo nostro pomeriggio di domenica), il gruppo lascia lievitare il vantaggio a un quarto d’ora (Lo sai bene/che io non sogno/questo mondo di noi due non ha bisogno), il pubblico tutto per loro, ché anche il campionato di calcio sta finendo (Una radio lontana dà alle nostre due vite i risultati delle ultime partite). Sul Ghisallo Yates, che aveva messo la squadra alla frusta, si trova senza più armigeri al suo fianco e ci prova da solo. È per paradosso la mossa che salva i fuggitivi, che quando il gruppo si ricompone nessuno ha più interesse per andare a riprenderli.

E allora arrivano davvero, si allacciano gli scarpini per la volata (Tutta questa fretta fibbie lacci e brividi) e che sia Cataldo a trionfare a braccia alzate è quasi un dettaglio.

Più indietro, intanto, Roglic fora ai piedi del Civiglio. Cambia la bici con quella di un compagno, ma quando Nibali e Carapaz si scatenano in picchiata verso Como paga il non avere l’attrezzo suo da pilotare, si abbraccia a un guardrail ed è costretto a fare corsa di conserva. Perde altri 40 secondi, e il Giro risulta ancor più aperto.