«Ma hanno tirato su un paglione, ma un paglione che gli ho detto: io campagna elettorale per Tsipras non ne ho fatto, ma adesso gliela state facendo voi», «Ma lo sai che mi hanno chiamato i garanti e mi hanno detto che ora da me vogliono una risposta scritta? Gli ho risposto: ma come si fa a non sentirsi vicini a quello che dice Tsipras? L’altra sera in piazza Maggiore sembrava di sentir parlare Berlinguer». Al telefono Micol Tuzzi è un fiume in piena. Dal suo partito, il Pd, le piovono addosso richieste di scomunica, sospensione o addirittura espulsione. In rete è successo un putiferio.

Il caso scoppia lunedì sera quando Micol posta su facebook il suo entusiasmo per la piazza riempita dal leader greco candidato presidente della commissione europea per la sinistra italiana: «Arrampicata su per una impalcatura di San Petronio mi sento sul tetto del mondo. Piazza Maggiore da anni non era così piena e rossa», scrive. Apriti cielo. Soprattutto apriti Pd. Dopo un’intera giornata di polemiche e di attacchi, per lo più di parte renziana, la commissione garanzia annuncia l’apertura del fascicolo Tuzzi. Lei intanto risponde a voce: «Non ho mai fatto dichiarazioni pubbliche di voto, non ho distribuito volantini, non ho fatto mai campagna elettorale per Tsipras, pur non nascondendo apprezzamento e simpatia». E poi, al manifesto: «Io la tessera casualmente non l’ho ancora rinnovata, ma sia chiaro: io dal Pd non me ne vado. Mi caccino se vogliono». Anche perché fra le sue dichiarazioni incriminate ce n’è un’altra, scherzosa ma mica tanto: «Se Renzi dice che votare Pd non è votare la Cgil, obbedisco».

Perché Micol è dirigente confederale della Cgil, appena eletta nel nuovo direttivo camussiano. E soprattutto da tempo è impegnatissima nella battaglia in difesa della scuola pubblica, che a Bologna da anni spacca il Pd come una mela. I renziani, manco a dirlo, stanno di là. E a Micol nessuno leva dalla testa che «il paglione» scatenato contro di lei abbia questo, come vero obiettivo: colpire la battaglia sua «e della Cgil». Continua: «Mi fanno accuse sulla base di niente. E questo la dice lunga sul clima che c’è nel Pd. In piazza da Tsipras infatti ci sono andati solo quelli ’dichiarati’: se ti fai vedere guarda che succede. Ma per una come me, che c’era, ce ne sono almeno dieci che non si fanno vedere. Chissà però nel segreto dell’urna cosa voteranno».

E a parte le lotte intestine del Pd, il putiferio su Micol fa affiorare un fenomeno carsico. Che però, a detta di molti, in questi giorni a Bologna si percepisce bene: un fronte silenzioso di democratici scontenti o delusi che per le prossime europee guardano a sinistra. Stessa aria tira negli ambienti della Cgil, dopo le sportellate di Renzi verso la segretaria Camusso.

E non è un caso se lunedì sul palco ha parlato Cecilia Alessandrini, già segretaria del circolo Pd dov’era iscritto Prodi, che ha sbattuto la porta del partito insieme a un plotoncino di democratici, ex civatiani ma non solo, approdati ora nei pressi della lista Tsipras. La scorsa settimana è arrivato un altro ’segnale’: un appello per Tsipras promosso del professore Marco Capponi e firmato fra gli altri da Mauro Zani, storico segretario del Pci bolognese e poi segretario del Pds e dei Ds dell’Emilia Romagna, dal filosofo Stefano Bonaga e da fra Benito Fusco, parroco di S. Lorenzo a Budrio; che a sua volta ha promosso un appello di cristiani a favore di L’altra Europa per Tsipras.