Il centro storico dell’Aquila è uno dei luoghi più silenziosi dell’Appennino. Dopo le sei di sera, quando i cantieri chiudono e gli operai ripartono per destinazioni spesso sconosciute, il silenzio avvolge tutto. Se si vuole respirare l’assenza ed ascoltare il rumore del silenzio non vi è luogo migliore del centro storico della città dell’Aquila. Un recente studio del Comune dell’Aquila finalizzato alla predisposizione del Piano di Protezione Civile, ha contato le presenze nel centro storico durante l’arco della settimana ed in fasce orarie predefinite: ebbene le presenze giornaliere non superano le 50 (operai esclusi), fa eccezione la zona della Fontana Luminosa, l’ingresso nord-est al centro della città, dove tra palazzi recuperati, polo umanistico universitario, qualche localino, le presenze sono, nei giorni di punta, circa 300.

La periferia è caotica, ingabbiata da un lento, fluido e costante traffico di automobili, ricorda Puno la città peruviana al confine con la Bolivia, uno stradone ai cui margini scorrono vite e sorgono attività e che ti induce l’aspettativa di incontrare un centro che invece non c’è mai stato, nel nostro caso non c’è più. La ricostruzione della periferia si è conclusa nell’arco di 5 o 6 anni lasciando una grande amarezza in chi aveva creduto e sperato anche in una riqualificazione urbana; la periferia dell’Aquila nasce negli anni Settanta, frutto di speculazioni edilizie e si conclude nei primi anni Duemila con una speculazione urbanistica fatta a colpi di varianti che hanno stravolto ed annullato il Prg del 1979.

Lo slogan «ricostruiamo tutto dov’era e com’era» riferito chiaramente al proposito berlusconiano di edificare L’Aquila 2, è stato letteralizzato ed applicato a tutti i contesti urbani, impedendo una riqualificazione di parti della città costruite senza alcun criterio se non quello immobiliare/affaristico.

Il dato forse più desolante e del quale poco si parla è il calo di abitanti. I dati anagrafici evidenziano un flessione minima, da 72.000 ante-sisma a 70.000 post-sisma, in realtà il dato è un altro. Nelle iscrizioni scolastiche si registrano oltre 3000 studenti in meno, i dati trimestrali di Confcommercio mostrano consumi di una popolazione non superiore ai 60.000 abitanti. La frequentazione della città conferma il dato di Confcommercio, un noto imprenditore cittadino, colpito dal calo di presenze in città, commentando sconfortato questa realtà è solito dire: «In questa città girano solo anziani in tuta e con la Panda».La spiegazione è semplice, per non perdere i benefici economici legati alla ricostruzione, migliaia di persone, pur avendo cambiato città non hanno cambiato la residenza anagrafica.

Qualcuno sorride però, anzi ride felice per la manna caduta dal cielo, impreditori edili, ingegneri, progettisti, faccendieri sempre più numerosi che fanno da tramite tra imprese, politica e professionisti, stanno accumulando, grazie alla legge 77 che disciplina i processi ricostruttivi, ricchezze e profitti smodati. Una classe ormai dominante che ha in mano il presente ed il futuro della città.

Il resto è cronaca quotidiana spesso giudiziaria, lo sbarco dei Casalesi, molte inchieste giudiziarie aperte, commercianti che lottano per non fallire e molti falliscono, giovani in fuga, psicofarmaci in aumento. In questo L’Aquila è molto simile al resto del Paese.

Il centrosinistra amministra dal 2007 la città tra mille difficoltà e contraddizioni e anche grazie allo spappolamento pre-collasso berlusconiano del centrodestra. Il Pd in perfetto stile renziano, a-culturale e alla corte del più forte, in nome di una presunta modernità si limita a gestire il presente, con orde di giovani rampanti, sostanzialmente apolitici e disposti a tutto, che fanno rimpiangere il vecchio D’Alema (sic).

L’unico conforto rimane la natura montana e rurale, luogo rimasto vivo dopo che la città è stata sfigurata dal sisma, qui tutto sembra sospeso, un tempo ed uno spazio al di sopra delle umane vicende. Per ora. All’orizzonte minaccioso si approssima un progetto urbanistico di insediamento edilizio ed impiantistico da 16 milioni di euro. Soldi provenienti da un fondo per lo sviluppo delle attività produttive e del tessuto economico colpito dal terremoto.
Impianti sciistici anche a quote relativamente basse 1400/500, contro l’evidenza scientifica ormai che porta ad escludere la costruzione di impianti ex-novo e che porta ad orientarsi verso modelli di gestione ed incremento turistico diversi (tutela del paesaggio, cultura e tradizioni, sport ad accesso tecnico ed economico e impatto ambientale più bassi).

Rassegnata, indifferente, sofferente, questi sono i tre aggettivi che meglio descrivono L’Aquila a sei anni dal terremoto.
A 25 dal terremoto dell’Irpinia il paesologo Franco Arminio ha scritto: dei morti sarà rimasto ben poco, dei vivi ancora meno…
*capogruppo Prc e presidente commissione Ambiente e territorio