Kairós: unità e molteplicità dell’esistenza (Liguori, pp. 165, euro 22,99) è l’ultimo lavoro del sociologo argentino Claudio Tognonato. Il testo è la prosecuzione ideale del lavoro precedente, una «ripartenza» – come la considera il suo autore – dagli Appunti per una sociologia esistenziale (2006) e dalla Teoria sociale dell’agire inerte (2018). Società ed esistenza sono i punti nodali della riflessione di Tognonato che avvolgendo Sartre e Weber si interroga sulla costruzione di un processo storico unitario e molteplice. «La storia è una e molteplice» poiché è a partire da questo processo dualistico che si dà qualsiasi discorso storico. «Una sola moltitudine» scriveva Pessoa intuendo che l’interno e l’esterno, il microcosmo e il macrocosmo, l’universale e il singolare si alternano da sempre nei diversi processi storici.

QUELLO CHE L’AUTORE in questo testo evidenzia è allora il «processo», il lungo momento – potremmo dire l’attimo (nel senso di Kairós) – che porta la narrazione della realtà al suo continuo «fare e disfarsi»; quell’attimo che, come la storia, «cambia rimanendo sé stessa». È quindi alla ricostruzione storica operata nel tempo della disgregazione che è dedicato questo libro: al mondo dei rapporti disarticolati, alle continue cancellazioni dei processi storici.
Per come lo intende Tognonato – Kairós – è il momento in cui l’intellettuale comprende, ricostruendola, la grandezza della storia.
È in questo luogo oscuro, in cui opera il sociologo, che si ritrova il valore del Kairós, quell’attimo capace di unire, quello spazio di senso di cui abbiamo bisogno. L’attimo del processo che restituisce unità e senso alla narrazione nello stesso istante in cui ne mostra i limiti e le falsità; lo spazio in cui l’uomo, che fa e disfa sé stesso, è già l’immagine di quella storia che continuamente «fa e disfa sé stessa».

Per Tognonato è nel mondo incapace di cogliere il molteplice che tornano le parole sentenziali de La via dei re: «ci si uccide per esistere», «ci si leva – avverte l’autore – per farsi spazio in una società che ignora o sovrasta». Quella società in cui non cogliere «l’universale-singolare» vuol dire qui non comprendere il momento e, insieme, l’unità e molteplicità di un qualsiasi percorso temporale. È per questo motivo che il problema dell’unità storica pone anche un problema esistenziale. Poiché non comprendere la molteplicità storica, cancellarla o vederne un riflesso, equivale quasi a non esserci.

AL CONTRARIO, comprendere questo dualismo, come Tognonato richiede, permette di ricostruire un giusto orizzonte di senso rivendicando, con Touraine, lo spazio di emancipazione del soggetto. «Ogni informazione situata al proprio luogo – scriveva Flaubert introducendo l’Idiota di famiglia – diventa la porzione d’un tutto in continuo divenire» e rivela per questo una «omogeneità profonda». Tognonato, come Flaubert, ricorda che per una società che ha spettacolarizzato la morte «il senso della storia» è nella comprensione del «momento», nella traduzione delle ambiguità della realtà e quindi del «Kairós»; dunque, nella comprensione dell’unità e molteplicità del senso, di un senso – beninteso – in continuo divenire. Appare evidente come cogliere il momento per discernere i fatti sia oggi ben più che necessario. Poiché – come evidenzia Claudio Tognonato – è in questo lungo allenamento esistenziale che si compie la grandezza della dialettica tra individuo e società, tra senso e universale, tra «unità» e «storia».