In via degli Etruschi, nel quartiere romano di San Lorenzo, è comparsa un’opera della street artist Laika che raffigura la sindaca Virginia Raggi vestita in tenuta antisommossa, con casco e manganello. «La sindaca decide di continuare la sua campagna elettorale all’insegna dell’ideologia del decoro e della legalità con lo sgombero del Cinema Palazzo, uno dei luoghi più vivi del panorama culturale romano. Non è questa l’idea di città che mi piace», spiega l’artista.

MA È DAVVERO la sindaca la responsabile principale dello sgombero? La questione si fa ogni giorno più controversa, il cerino delle responsabilità passa di mano in mano a testimonianza del fatto che la porta dello spazio sociale di piazza dei Sanniti è stata murata, ma la catena di comando e le responsabilità politiche di quella decisione sono quantomeno controverse. Persino la proprietà dello stabile, che risponde al nome dell’imprenditore Costantino Paoletti ieri ha fatto sapere che sperava in un esito differente. E che ancora aspetta che il comune di Roma o la regione Lazio accettino una permuta e consentano che il Cinema Palazzo diventi un bene pubblico.

DAL CAMPIDOGLIO fanno sapere che la lista delle occupazioni da sgomberare gestita dal prefetto segue un criterio privatistico, che se c’è una sentenza della corte dei conti o del consiglio di stato bisogna dargli seguito e che sì, al Comitato per l’ordine e la sicurezza le amministrazioni locali possono eccepire e chiedere delle proroghe ma che queste vengono accordate non all’infinito. E rilanciano sulla convocazione di un tavolo di trattativa che punti «nel più breve tempo possibile» a trovare una soluzione. Oltre agli ex occupanti del Cinema Palazzo e i cittadini di San Lorenzo saranno coinvolti gli assessorati all’urbanistica, al patrimonio e alla cultura.

L’ALTRO ATTORE in campo è la Regione. In particolare la consigliera Marta Bonafoni (Lista civica per Zingaretti) che si è spesa per cercare una soluzione e che non era stata informata che mercoledì ci sarebbe stato lo sgombero. Ieri è stata tirata in ballo proprio da Paoletti sui ritardi nella conclusione della trattativa. La Regione ha iniziato a interessarsi della vicenda a gennaio 2020, sulla base della legge sui beni comuni votata a luglio dell’anno scorso. L’invito è arrivato della presidente del II municipio Francesca Del Bello a fronte dell’immobilismo del Campidoglio. L’obiettivo era individuare una proprietà della Regione da scambiare con quella del privato. «In effetti la trattativa procedeva lentamente – spiega Bonafoni – Ma si tratta di un iter complesso e nel frattempo era scoppiata la pandemia. I proprietari sanno che non si era mai interrotta».

L’USO DEL PLURALE non è un caso. L’immobile non appartiene solo a Costantino Paoletti ma anche ai suoi due figli. Questi avrebbero perseguito una strategia di maggiore fermezza, più inclinata al rientro in possesso dell’immobile e meno disponibile al dialogo, soprattutto attraverso la figura di Antonio Di Battista. L’uomo si presenta come il custode giudiziario dell’edificio ma negli incontri istituzionali è stato identificato come il consulente di una parte della proprietà. In un’intervista all’agenzia Dire a fine gennaio affermò: «Andrò fino in fondo a tutte le vie legali che possiedo». Poi aggiunse: «Sono molte, perché ho trovato tanti collaboratori nella giustizia e nello stato italiano».

GLI ATTIVISTI non demordono. Danno appuntamento per oggi dalle 11 alle 15 in piazza dei Sanniti, davanti all’edificio sgomberato, per continuare il progetto della «quarantena solidale». La raccolta e distribuzione di generi alimentari alle famiglie colpite dalla crisi è iniziata a marzo e viene portata avanti dal Cinema Palazzo e dalle altre realtà sociali del quartiere (il comitato Libera Repubblica di San Lorenzo e i centri sociali Esc e Communia). Ci saranno anche Ascanio Celestini, Muro del Canto, Assalti Frontali e altri esponenti del mondo della cultura che in questi anni hanno partecipato alle tante attività del cinema occupato. Fino a ieri lo spiazzo era presidiato da cinque blindati della polizia. Gli organizzatori, però, insistono: «Vogliamo incontrarci in quella piazza».