Cultura

Quel mix micidiale di terroristi, tiranni e aggressori stranieri

Quel mix micidiale di terroristi, tiranni e aggressori stranieriIyad el-Baghdadi

Medioriente «Il triangolo vizioso. Tiranni, terroristi e l’Occidente» di Iyad el-Baghdadi, scritto in collaborazione con Ahmed Gatnash, tradotto e curato da Lorenzo Declich, per Laterza. L'autore sarà il 5 e 6 aprile al Festival internazionale del giornalismo di Perugia per discutere dell’«inverno arabo»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 4 aprile 2019

«Non possiamo permetterci di essere cinici. Non possiamo fare a meno di difenderci, in parte per paura in parte per affermare la speranza». Così Iyad el-Baghdadi – intellettuale di origini palestinesi, nato nel Kuwait, a lungo residente negli Emirati arabi, oggi rifugiato politico a Oslo – nella parte finale del suo libro pubblicato dalla casa editrice Laterza.

SCRITTO IN COLLABORAZIONE con Ahmed Gatnash, tradotto e curato da Lorenzo Declich, Il triangolo vizioso. Tiranni, terroristi e l’Occidente (pp. 240, euro 18) si muove tra frustrazione e speranza. Parte dal riconoscimento del successo delle forze controrivoluzionarie nel chiudere la straordinaria finestra di opportunità delle primavere arabe, ma mira al cambiamento futuro.
Fondatore e presidente del Kawaakibi Center, un think thank che pubblica The Arab Tyrant Manual e Islam & Liberty, membro del think thank norvegese Civita, dal 2011 Iyad el-Baghdadi ha offerto una sponda importante, via Twitter, ai manifestanti arabi che lottavano per rovesciare regimi autoritari e repressivi. Oggi il bilancio è drammatico. «Il Medio Oriente è un luogo più scuro, pericoloso e instabile», ma sarebbe sbagliato rassegnarsi al cinismo, «il cinismo in stile arabo che ondeggia tra l’autoironia e l’autodistruzione». Al contrario, serve rimettersi in marcia, perché «nel 2011 il Medio Oriente è entrato in una nuova fase della sua storia», «è nato un cittadino nuovo» e quelle attuali sono scosse di assestamento.
Per orientarle nella giusta direzione, occorre riconoscere il cuore del problema, quel triangolo vizioso che è feroce e sanguinario, e poi spezzarlo. Prima però occorre disimparare: rinunciare alle letture essenzialiste e orientaliste, archiviare l’idea che la regione sia incapace di riformarsi, che le società locali siano semplici «pedine di un gigantesco tavolo da gioco geopolitico», che il problema sia l’Islam o «gli odii antichi tra sciiti e sunniti», che «i tiranni assicurino la stabilità». E che noi, cittadini euro-atlantici privilegiati, spesso cinici e disillusi, non abbiamo responsabilità morali o politiche.

È la natura stessa del triangolo vizioso a renderci complici. I tre attori principali del triangolo – terroristi, tiranni e aggressori stranieri – sono legati da una relazione apparentemente antagonistica, in realtà simbiotica: «ognuno fa affidamento sugli altri per sostenersi». Così Iyad el-Baghdadi sintetizza la simbiosi: «i terroristi giustificano il loro terrorismo dicendo che stanno combattendo la tirannia o l’intervento straniero. Gli aggressori stranieri giustificano la loro aggressione dicendo che stanno combattendo il terrorismo o la tirannia. I tiranni giustificano la loro tirannia dicendo che stanno combattendo il terrorismo o l’intervento straniero».

UNA TESI DIMOSTRATA attraverso alcuni casi-studio concreti, con una solida ricostruzione della storia recente che passa per Siria, Egitto, Iraq, Iran, Palestina. Il denominatore comune dei tre attori, nota l’autore, è la violenza. È ciò che rende impossibile spezzare il triangolo forzandolo dall’esterno. Il modo migliore per farlo è «rafforzare inesorabilmente e con costanza la società, fino al punto in cui questa si libera dal triangolo come di una vecchia pelle. L’antitesi dello Stato oppressivo è una società forte».
Nella terza e ultima parte del libro Iyad el-Baghdadi – che il 5 e 6 aprile al Festival internazionale del giornalismo di Perugia discuterà dell’«inverno arabo» e poi del «caso Jamal Khashoggi» – si appella al lettore solidale, invoca diritti umani e democrazia, suggerisce pratiche non-violente e di mutuo soccorso, tematizza la necessità di tenere insieme «un lavoro interno – interno alle società arabe – ed esterno, nelle società aperte, grazie a persone che amano la libertà».
E anticipa le obiezioni dei lettori, forse solidali, certo smaliziati. A quanti pensano che sia ingenuo aspettarsi l’aiuto delle società aperte, tanto più nel bel mezzo di una crisi epocale, replica così: «’l’ordine mondiale liberale’ non ha fallito perché i suoi valori erano sbagliati, ma perché non è riuscito a rispettarli. È il nostro sangue, e l’ipocrisia del mondo libero, che sta lavando via ‘l’ordine mondiale liberale’».

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