I concetti e il linguaggio della matematica sono intrisi di un’evidente esigenza di rigore e assoluto. La stessa dalla quale è nata la filosofia. Questa concettualità e questo linguaggio hanno prodotto nel Novecento due teorie del mondo che per quanto reciprocamente in contraddizione hanno attinto alle più lontane scaturigini della metafisica greca: l’ordine del tempo del quale parla Anassimandro, il divenire senza fine di Eraclito.
In Il concetto di spazio. Il destino dell’uomo alla fine della metafisica (Loghia, pp. 92, euro 21) Gianluca Giannini conduce un percorso dentro la teoria einsteiniana della relatività e dentro la meccanica quantistica. Un percorso che conferma la radice teoretica di ogni radicalità scientifica, se scienza non vuol dire un placido dogma metodologico nel quale accasarsi ma la disponibilità a smarrire autorevoli certezze.
La «polverizzazione della ontologia» quale frutto della Relatività e della Teoria dei quanti non vuol dire la dissoluzione del tempo ma, al contrario, la sua più radicale affermazione. Come infatti afferma anche il fisico Carlo Rovelli – da Giannini spesso citato – «il mondo non è un insieme di cose, è un insieme di eventi» (L’ordine del tempo, Adelphi), poiché «dire com’è fatto un ente, nel solco della mentalità rivoluzionaria introdotta dalla meccanica quantistica, vuol dire già chiedersi come accade».

LA METAFISICA si dice in molti modi. Uno di questi, il più radicale e giustificato, è quello che pensa l’essere come accadimenti, tempo, eventi. A non esistere dunque non è il mondo, affermazione di insensata tracotanza che Einstein, deciso sostenitore del realismo ontologico, sempre respinse. A non avere «consistenza ontologica» è un mondo fermo e immoto che in realtà non si è mai dato poiché «principio degli esseri è l’apeiron, la polvere della terra e del tempo, il suo flusso infinito» come Anassimandro affermò all’inizio dell’avventura filosofica. Se l’essere è diveniente e mai stante, l’«A-essere, l’Oscuro radicale, irredimibile, da cui proveniamo e in cui ritorniamo. Noi, Oscurati nel profondo» consiste in questo divenire senza fine della materiatempo, della quale ciascuno e tutti siamo soltanto una delle infinite vibrazioni.
La struttura temporale non è infatti costituita da una qualche corrente dentro la quale gli eventi accadono ma a produrre il flusso temporale è lo stesso accadere degli eventi. Tutto ciò che esiste è fatto di tempo poiché non c’è una retta del tempo che precede gli eventi e dentro la quale le cose scorrono ma sono gli eventi che esistendo producono tale retta.

NON C’È UN TEMPO nel quale gli eventi accadono ma l’accadere degli eventi è il tempo. Il quale non è dunque soltanto un dato mentale come non è soltanto un’esperienza fisica. Il tempo è la differenza della materia nei diversi istanti del suo divenire ed è l’identità di questo divenire anche in una coscienza che lo comprende. La realtà consiste nell’accadere degli eventi nei diversi strati e strutture che compongono la materia. Strati che vanno dal puro sussistere fisico-chimico all’esistere come coscienza consapevole.
La convinzione di molti fisici contemporanei –che Giannini sembra a volte condividere– che il tempo sia irreale, che l’universo percepibile con i sensi sia apparente e vada spiegato a partire da un mondo più perfetto dove non si dà alcun divenire, è una tesi che si presenta in termini matematico-formali ma che è intrisa di metafisica platonica anche nel suo esprimersi in un linguaggio matematico.
Un platonismo che ha però abbandonato il profondo legame che Platone sente con la realtà come intero e come problema, mettendo al posto di questa serietà ontologica il fascino dell’eleganza e del formalismo matematici, i quali tuttavia non garantiscono in alcun modo la verità delle loro affermazioni ma esprimono il bisogno che gli esseri umani hanno di credersi eterni.