Quattro operazioni di salvataggio in quattro giorni passati a pattugliare le acque internazionali al largo della Libia. Sulla Ocean Viking, la nave dell’ong francese Sos Méditerranée in team con Medici senza frontiere, adesso ci sono 356 naufraghi in attesa di un porto di sbarco. Da bordo Alessandro Porro, soccorritore che un anno fa si trovava anche a bordo dell’Aquarius (la precedente nave della ong e la prima ad essere stata bloccata dal governo gialloverde), e la responsabile delle comunicazioni Avra Fialas raccontano le operazioni di salvataggio.

In che condizioni viaggiavano i migranti quando li avete salvati?
Porro: Nei primi tre casi di venerdì, sabato e domenica, i gommoni erano in condizioni precarie, certamente non adatti alla navigazione, ma comunque erano in un assetto stabile. L’ultimo intervento di oggi (ieri, ndr) invece è stato critico perché quando siamo arrivati in scena i tubolari si stavano già sgonfiando e le persone sono finite in acqua. Le abbiamo dovute recuperare con i nostri dispositivi.

Le autorità maltesi l’8 agosto hanno negato l’autorizzazione al rifornimento di carburante, nonostante fossero stati presi accordi. Quanto potere resistere in navigazione?
Fialas: È vero, Malta ci ha negato il rifornimento di carburante. Per adesso possiamo rimanere in mare perché stiamo utilizzando la riserva. Rimaniamo stabili e proseguiamo l’attività ma, intanto, stiamo cercando altre soluzioni.

Sono diminuite la partenza ma aumentati i morti nel Mediterraneo. Senza la vostra presenza al largo della Libia, per altro in acque internazionali, che possibilità avrebbero avuto i naufraghi di salvarsi?
Porro: È difficile dire se senza di noi i gommoni sarebbero stati individuati e le persone messe in salvo. Di fatto però manca un piano europeo di ricerca e soccorso che possa rispondere in maniera puntuale ai casi di distress cioè di pericolo immediato in mare. L’unico dato certo resta il fatto che noi i gommoni li abbiamo trovati, per cui ci viene da dire che senza di noi sarebbero dovuti rimanere in acqua per molto più tempo, esponendosi a gravissimi rischi.

In che condizioni psicofisiche sono le persone salvate a bordo della Ocean Viking?
Fialas: Le condizioni dei naufraghi per il momento sono stabili, non ci sono casi critici ma i dottori di Medici senza frontiere a bordo stanno controllando, una per una, tutte le persone soccorse in questi quattro giorni, che in totale sono 356. Di sicuro il medico a bordo ha già segnalato per i naufraghi segni sul corpo di torture, come bruciature dovute alla plastica fusa fatta colare sulla pelle, scariche elettriche, segni di bastonature. Molti raccontano che ancora avvertono dolore dalle ferite e dalla cicatrici. Del resto tutti sono stati a lungo prigionieri nei centri di detenzione in Libia.

Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ieri è tornato a ripetere che l’Ocean Viking può dirigersi verso il suo stato di bandiera, la Norvegia, o la Francia in cerca di un porto. Il Viminale sabato vi ha notificato il divieto di ingresso nelle acque territoriali. La soluzione deve arrivare dall’Europa?
Fialas: Come Sos Méditerranée ha sempre fatto, continueremo a chiedere un porto sicuro per sbarcare le persone soccorse, come dice la legge marittima internazionale. Siamo in comunicazione con tutte le autorità di competenza della zona e stiamo aspettando risposte su come procedere. Siamo in attesa che le autorità ci indichino un luogo di sbarco: un’operazione di salvataggio si può considerare terminata solo quando anche l’ultima delle persone soccorse viene fatta approdare in un luogo sicuro. Per ora abbiamo avuto solo la risposta dal Centro di coordinamento libico, che ci ha detto di riportare i naufraghi a Tripoli, cioè nel luogo da cui fuggivano. Abbiamo rifiutato perché per il diritto internazionale la Libia non è un luogo sicuro. Quindi siamo in attesa di un’alternativa.