A pochi giorni dal quarto anniversario del blitz israeliano contro la Freedom Flotilla diretta a Gaza, i giudici di Istanbul lunedì hanno condannato in contumacia quattro alti ufficiali israeliani – l’ex capo di stato maggiore Gaby Ashkenazi, l’ex capo dell’intelligence militare Amos Yadlin, l’ex capo della Marina Eliezer Marom e l’ex capo dell’intelligence dell’aeronautica Avishai Levy – trovati colpevoli dell’omicidio di nove attivisti turchi, colpiti dal commando protagonista dell’arrembaggio alla nave Mavi Marmara. I giudici inoltre hanno emesso dei mandati di arresto, consegnati all’Interpol. Da settimane circolano indiscrezioni su un accordo tra Turchia e Israele che consentirebbe la ripresa delle relazioni tra i due Paesi in cambio di un risarcimento economico alle famiglie delle vittime. L’accordo prevede anche l’immunità per i quattro comandanti israeliani appena condannati.

La Mavi Marmara fu presa d’assalto in acque internazionali il 31 maggio 2010. Dopo un iniziale sdegno internazionale, Israele ottenne il pieno appoggio degli Stati Uniti e si rifiutò di collaborare con le indagini avviate dalle agenzie competenti dell’Onu. Il premier turco Erdogan reagì con rabbia all’accaduto. In seguito però ha accettato l’accordo di risarcimento, anche per gli interessi economici nazionali. A cominciare dalla realizzazione di un gasdotto destinato trasportare il gas israeliano (un affare 2.5 miliardi di dollari). La sentenza di Istanbul è giunta nelle stesse ore si spegneva, dopo quattro anni di coma, Ugur Suleyman Soylemez, uno dei passeggeri rimasti feriti sulla Mavi Marmara.