Sempre lieti di ospitare il chitarrista e compositore torinese Paolo Spaccamonti. Perché portarsi addosso l’etichetta «underground» ha un prezzo ma, in alcuni casi, obbliga ad addentrarsi nella sua ricerca che, sappiamo già, non è convenzionale. Come nel nuovo progetto che nel nome offre già la sintesi che non ti aspetti: Spano, ovvero Spaccamonti più il produttore beatmaker hip hop Stefano «Fano» Roman. Spano è un disco che ha nel dna la potenza e la struttura del racconto filmico, ma in un contesto anomalo, notturno e caldo, un equilibrio in otto pezzi avant-rap fra mondi apparentemente distanti, dove le atmosfere si alternano. Possono essere tese e criptiche (Spano, A.S.E.E.) oppure rimandare alla fertile leggerezza di una pausa in un lungo viaggio, con campionamenti ambient che si amalgamo con la chitarra (Sheep). Straniante l’apertura di Crollo con i fiati di una banda di paese. Non mancano riferimenti più calzati ai beat hip hop in Gaetano o la splendida Anaconda, brano di chiusura che arriva troppo presto. Ne avremmo voluto ancora.