Tra gli errori commessi dalla Regione Lombardia nella gestione dell’emergenza, come evidenziato dall’Ordine dei Medici, c’è l’aver sottovalutato il ruolo dell’assistenza domiciliare per i malati non gravi di Covid-19. Solo nell’area urbana di Milano, il numero dei contagiati resta a segno positivo: +166 ieri, +102 giovedì, +144 mercoledì. Già nelle scorse settimane era stato sollevato il tema della quarantena domiciliare come alternativa per i positivi e i pazienti dimessi dagli ospedali per contenere il contagio in ambito familiare, oltre che per tutelare la classe medica già colpita in via diretta. Problema pressoché irrisolto nonostante il progetto milanese di accoglienza in strutture alberghiere avviato lo scorso 30 marzo.

Grazie a un’intesa tra Palazzo Marino, Ats (Agenzie di tutela della salute), Asst Milano Nord (Aziende socio sanitarie territoriali) – entrambe di competenza regionale – Prefettura e proprietà dell’Hotel Michelangelo di Milano, un gruppo di ospiti positivi al virus è stato accolto per trascorrere la quarantena lontano da ambienti domestici non idonei all’isolamento. A 15 giorni dall’avvio del progetto solo 150 persone su tutta Milano e provincia hanno avuto accesso. La denuncia del Comune lamenta infatti una scarsa collaborazione da parte dell’apparato amministrativo-sanitario – di gestione regionale, va ricordato – nel proporre ai contagiati la soluzione della quarantena in hotel. «Mi viene da pensare che siccome l’Ospedale alla Fiera stava andando male, si volevano tenere bassi anche i numeri del progetto con il Michelangelo», commenta l’assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Pierfrancesco Maran (Pd), tra i responsabili dell’iniziativa.

Il comune aveva anche selezionato altre strutture attraverso una call pubblica per estendere il servizio, ma attualmente le 15 disponibili sono vuote per mancanza di richiesta. «Abbiamo fatto la nostra parte attivando il progetto e rendendo rapida la valutazione della domanda in entrata – continua Maran – Mi chiedo solo se ai positivi di cui parlano nel punto stampa quotidiano sia stata prospettata la possibilità dell’alloggio in hotel».

A una prima fase di selezione delle strutture ricettive, rispondenti a precise caratteristiche di capienza e comfort, deve seguire infatti l’assistenza da parte delle Ats e Asst che indicano alle persone l’esistenza di una terza opzione oltre al ricovero in ospedale e l’isolamento domestico. Pur considerando il dubbio sulla potenziale malizia con cui l’accoglienza alberghiera sarebbe stata ostacolata, un numero così basso di ospiti accolti (in una struttura che può contenere 300 persone) lascia intendere che il potenziamento della medicina sul territorio non abbia ancora imboccato la strada giusta. Nonostante le numerose dichiarazioni del presidente Fontana e dell’assessore al Welfare Gallera. «Le divergenze con Regione Lombardia nascono qui, sulle strategie da adottare – spiega ancora Maran – In un primo momento, la sanità lombarda ha puntato tutto sull’ospedalizzazione. Ora, che ha detto di voler potenziare l’assistenza domiciliare, non sfrutta l’opportunità per quelle persone che potrebbero beneficiarne. Allora le questioni sono due: o non è vero come dicono che il problema del contagio è soprattutto a Milano o c’è malizia politica». Sembra, invece, aver funzionato il meccanismo di coordinamento con la Prefettura, che ha gestito le richieste di isolamento alberghiero per le forze dell’ordine. Tra i primi ospiti del Michelangelo, infatti, 50 tra uomini e donne delle forze armate e di polizia.