Nel gergo politico irlandese esiste un’espressione per definire soluzioni raffazzonate e di compromesso a problemi complessi: an Irish solution to an Irish problem. Un esempio molto calzante è quanto sta succedendo intorno alla decisione assunta dal governo irlandese di introdurre, a partire dal 26 marzo, due settimane di quarantena obbligatoria in albergo per tutti i viaggiatori in arrivo da paesi considerati «ad alto rischio» a causa del Covid-19.

Il governo, guidato da una coalizione di partiti di centro-destra e verdi, aveva adottato la misura sotto pressione a causa della gestione fallimentare della seconda ondata della pandemia. A inizio gennaio l’effetto di una riapertura prematura prima di Natale, combinato al diffondersi della cosiddetta variante inglese, aveva portato l’Irlanda a essere il primo paese al mondo per numero di nuovi casi sul totale della popolazione. A questo sono seguiti mesi di lockdown duro, con chiusura di scuole e attività non essenziali. Questa debacle aveva rafforzato le argomentazioni dei sostenitori di un approccio aggressivo alla soppressione del virus simile a quello neozelandese, che fra le altre cose prevede la quarantena in albergo per tutti i passeggeri in arrivo.

A fine febbraio, a seguito di una decisione analoga del governo britannico, il governo ha legiferato sulla quarantena in hotel, divenuta poi operativa in marzo. La lista iniziale di paesi ad alto rischio per i quali era prevista la quarantena obbligatoria era però limitata a 33 paesi, tutti extra Ue. I partiti di opposizione di sinistra avevano dunque criticato la decisione del governo, sostenendo la necessità di ampliare il sistema a tutti i viaggiatori in arrivo, riducendone al contempo il costo abnorme a carico del passeggero (1.875 euro per 12 notti).

I problemi per il governo sono però cominciati quando a fine marzo il gruppo di esperti incaricato di aggiornare la lista dei paesi ad alto rischio ha suggerito di includerne altri, fra cui Stati uniti, Francia, Germania e Italia. La decisione se espandere o meno la lista si è però rivelata politicamente una patata bollente: oltre alla necessità di aumentare i posti letto a disposizione, il governo ha dovuto fronteggiare l’opposizione delle associazioni imprenditoriali e l’irritazione degli altri governi europei e della Commissione, poiché l’Irlanda sarebbe stata l’unico paese comunitario a introdurre una quarantena in hotel per gli arrivi da altri paesi Ue.

Dopo aver traccheggiato per una settimana, il governo ha deciso di includere nella lista Stati uniti, Francia e Italia. Le polemiche però non si sono placate.

L’ambasciatore italiano in Irlanda ha chiesto all’esecutivo irlandese di tornare sui suoi passi, così come la Commissione, preoccupata che le misure possano violare il diritto di circolazione all’interno dell’Ue. Se per ora Dublino tiene duro, sono probabili correttivi in corso d’opera, come già accaduto per le persone vaccinate, che potranno fare la quarantena a casa. Probabile, insomma, l’arrivo di un’altra «soluzione irlandese ad un problema irlandese».