Ci sono tanti modi di evadere le tasse, nascondendo proprietà, non dichiarando tutte le entrate, surfando fra le regole con l’aiuto di esperti scafati, gonfiando fatture, sgonfiando fatturati, spostando capitali e residenze in paradisi fiscali o Paesi che offrono trattamenti di favore e questo avviene a qualunque latitudine perché pare che le tasse creino l’orticaria a un sacco di gente, un’epidemia proprio. Come mai tale sport sia così amato è evidente. Perché – si dicono gli evasori – dovrei dare allo Stato soldi che fanno comodo a me per vivere meglio? Perché devo pagare per scuola, sanità, opere pubbliche, ospedali, strade e quant’altro? Quella non è mica roba mia. Chissenefraga della collettività.

Deve aver ragionato più o meno così il più devastante presidente della storia degli Stati Uniti, stando almeno alle sue dichiarazioni dei redditi rese note pochi giorni fa dal «New York Times». Spulciandole, si capisce perché non abbia voluto svelarle.

L’intento non era certo di non far sapere che nel 2016, anno della sua elezione, ha pagato solo 750 dollari, e nemmeno che ha versato la stessa cifra negli anni seguenti. Non era nemmeno quello di nascondere che in 10 dei precedenti 15 anni, compresi il 2014 e il 2015, ha pagato ben zero dollari quando i suoi due predecessori, Barack Obama e George W Bush, ne hanno versati 100mila all’anno.

Di sicuro non aveva intenzione di stendere veli pietosi sul fatto che ha 421 milioni di prestiti che dovrà per la maggior parte restituire nei prossimi quattro anni, e neanche che ha aperto un contenzioso con il fisco per cui rischia di dover restituire, comprese le sanzioni, 100 milioni di dollari.

No, Trump non aveva paura di svelare che più che un milionario di successo potrebbe essere un super evasore o avere le pezze al culo. La verità è che The Donald resisteva a questa pubblicazione perché voleva tacere che ha speso ben 70mila dollari in parrucchiere per partecipare a show televisivi, che nove delle sue compagnie hanno sborsato 95mila dollari per acconciare le chiome della figlia prediletta, Ivanka, che un fotografo che ha scattato foto della famiglia nella residenza di Mar-a-Lago gli è costato 210mila dollari, che fra il 2010 e il 2018 ha caricato come spese aziendali riconducibili in parte a società sempre di Ivanka ben 26 milioni per consulenze.

Ah, la vanità costa cara, lo sappiamo. Quel che faccio fatica a capire è come si passano dare tutti quei soldi a uno che ti pettina così, con quella specie di banana split sulla testa e infatti la domanda topica che ci facciamo da quattro anni è «Ma chi è il suo parrucchiere?».

Alcuni media americani hanno indagato senza trovarne il nome. Lui stesso aveva dichiarato a «Playboy» nel lontano 2004 che a tagliargli i capelli fosse Melania in persona. In altre occasioni disse che fa tutto da solo e lascia asciugare la chioma all’aria. Se tutto ciò fosse vero, vuol dire che paga se stesso e poi detrae le spese dalle tasse, come se noi dicessimo al Fisco «Ehi, siccome ogni mattina impiego dieci minuti per pettinarmi, ho diritto a una detrazione di dieci euro al giorno», la qual cosa farebbe insorgere i calvi perché mica è colpa loro se non hanno capelli.

Comunque, di sicuro l’ineffabile Donald ama la lacca e ha cercato di buttare in politica anche quella. Nel 2015 criticò l’amministrazione Obama che voleva bandire i prodotti spray dannosi per l’ambiente e concluse un comizio in Carolina urlando alla folla: «Voglio usare la lacca!». Cari americani, lasciate che si impiastricci la testa finché vuole, ma per favore mandatelo a casa.

mariangela.mianiti@gmail.com