La letterina a Babbo Natale che chiede giocattoli sicuri per la salute dei bambini e per l’ambiente anche quest’anno deve essere andata persa. Secondo un’indagine di EEB (European Environment Bureau, il maggior network di associazioni ambientaliste europee) su 537 modelli di giocattoli segnalati a Rapex – il sistema europeo di informazione rapida per i prodotti non conformi che rappresentano un rischio grave per la salute – 214 presentavano un «rischio chimico», 92% dei quali classificato come serio, il 76% per l’eccessivo contenuto di ftalati, agenti chimici che rendono le plastiche flessibili e modellabili, della famiglia degli interferenti endocrini (in grado di interferire con il sistema ormonale e causare patologie gravi), ammessi nei giocattoli entro certi limiti: tra questi, 80 modelli di bambole, 40 tipi di paste modellabili e 13 modelli di giocattoli morbidi, l’88% dei quali proviene dalla Cina.

LA FOTOGRAFIA DEI PRODOTTI TOSSICI sotto l’albero di Natale è rimasta sostanzialmente la stessa rispetto al 2019 (542 modelli di giocattoli sequestrati, 248 per rischio chimico), peggiore del 2018, quando i giocattoli sequestrati furono 280. Anno dopo anno ai giocattoli spetta il triste primato delle concentrazioni illegali di sostanze pericolose rispetto ad altre tipologie di prodotti di consumo, più delle automobili e dell’elettronica. Ai bambini, insomma, viene servito il piatto più avvelenato: oltre agli ftalati, nei giocattoli si trova in livelli eccessivi il bisfenolo A (Bpa), altro inferferente endocrino che serve per indurire i polimeri, oltre a numerosi altri additivi che vengono aggiunti al Pvc come coloranti, antistatici, ritardanti di fiamma, lubrificanti, rinforzanti, riempitori inerti, un mix che ne rende praticamente impossibile il riciclo.

«LA MAGGIOR PARTE DEI GIOCATTOLI sono lo specchio della società attuale: contengono sostanze non necessarie, in alcuni casi tossiche, durano poco perché si rompono subito o perché vengono a noia, non sono riciclabili, costituiscono un rischio per la salute dei bambini e dell’ambiente, non aiutano a diventare adulti migliori», ci dice Vânia Gomes Zuin, phD in chimica e ricercatrice sociale alla Leuphana University di Lüneburg (Germania), autrice del dossier Infanzia plastificata.

DIFFICILE ORIENTARSI TRA I BALOCCHI tossici. «Se i prodotti che doniamo ai bambini, che dovrebbero essere i più sicuri sul mercato, presentano questi livelli di rischio, è chiaro che siamo di fronte ad una cornice normativa non abbastanza protettiva» – spiega Tatiana Santos, specialista in chimica ambientale e responsabile del settore prodotti chimici e nanotecnologie di EEB.

«La Direttiva europea sulla sicurezza dei giocattoli, per quanto sia la più avanzata a livello globale, tuttavia trascura sostanze tossiche come gli interferenti endocrini, per i quali non esistono livelli di esposizione che possiamo considerare sicuri. Con queste sostanze non è la dose a fare il veleno, ma il momento dell’esposizione, e noi sappiamo che l’infanzia è un momento particolarmente delicato. I bambini non sono piccoli adulti e sono enormemente più vulnerabili rispetto agli adulti, non solo perché si mettono tutto in bocca e sono più esposti alla polvere, ma anche perché il loro organismo ha minore capacità di metabolizzare le sostanze tossiche».

ALTRI PUNTI DEBOLI NELLA LEGISLAZIONE europea, secondo Santos, riguardano la mancanza nel regolamento Reach sulle sostanze chimiche di un obbligo per i produttori di fornire dati sulla sicurezza dei polimeri (i maggiori componenti delle plastiche) e di indicare sull’etichetta dei giocattoli tutte le sostanza che contengono. «Per i genitori è spesso impossibile sapere di cosa sono fatti i giocattoli che acquistano: inoltre il marchio CE che si trova sulle confezioni è una autodichiarazione dei produttori di rispetto delle regole europee – avverte Santos – . Però, come i numeri del Rapex dimostrano, il marchio può essere fasullo. Inoltre, in Europa abbiamo anche un problema di controlli, perché gli ispettori alle dogane sono sottodimensionati rispetto ai volumi di giocattoli importati, per non parlare dei giocattoli acquistati on-line in ogni parte del mondo che sfuggono ad ogni genere di verifica. Il mio consiglio ai genitori è di documentarsi bene: esistono guide e consigli stilati da organizzazioni consumeristiche in vari paesi europei alle quali rifarsi per acquisti più consapevoli ed evitare abbagli». Come quello delle bioplastiche: è vero che vengono realizzate con sostanze di origine naturale che vanno a sostituire i polimeri, quindi richiedono meno energia e rientrano in un’ottica di economia circolare, ma, avverte Santos «non cambia nulla se gli additivi usati sono gli stessi delle plastiche sintetiche».

PER COLMARE I GAP DELLA DIRETTIVA giocattoli e del regolamento Reach a Bruxelles in ottobre è stata presentata dalla Commissione europea la nuova Strategia delle sostanze chimiche per la sostenibilità. «Siamo molto ottimisti rispetto a questo nuovo approccio contenuto nel Green Deal – dice Santos – perché permetterà di introdurre il divieto di alcune sostanze pericolose nei prodotti di consumo, inclusi i giocattoli, consentirà di registrare i polimeri, rafforzerà i controlli, affronterà meglio il tema dei cocktail di sostanze chimiche. Ma è tutto da vedere se si riuscirà a passare dalle parole ai fatti».