Ettore è un meccanico, ripara motociclette. Sigmund fa il fioraio, ha una bancarella di fronte al carcere di Regina Coeli. Ma le cose non sono mai come sembrano in Glock 17. La pazienza dell’odio, romanzo di esordio di Emanuele Bissattini, uscito di recente per Round Robin (pp. 324, euro 16). Così il meccanico è in realtà un killer spietato, soprannominato il Gatto perché ha sette vite, anche se ne ha già perdute cinque. Un killer sui generis, non uno pronto ad accettare qualunque lavoro, ma uno a cui si può rivolgere solo «chi ha preso troppi schiaffi mentre camminava sulla retta via». Sigmund, detto il Tedesco, lo aiuta, gli copre le spalle, lo affianca con la sua rete di informazioni – «senza dimora, puttane, poliziotti, netturbini, avvocati, ricettatori» – in grado di conoscere tutto quello che avviene in strada. Entrambi hanno un passato da militare. Entrambi hanno un passato segnato, profondamente segnato da violenza e dolore.

ANCHE LA ROMA in cui si svolgono le vicende narrate è diversa dalla città immaginata da tutti. Qui la fanno da padrone le periferie e la Città Eterna appare buia, in mano alla violenza e alla criminalità organizzata. In questo scenario si svolgono le vicende di Ettore, narrate quasi completamente in prima persona e con un linguaggio secco e duro, da hard-boiled all’ennesima potenza. E fatti, a prima vista slegati tra loro, vanno a comporsi facendo emergere un po’ alla volta il tragico passato del Gatto. Quello che vien fuori alla fine è un quadro totalmente inaspettato, in cui anche le persone più vicine, quelle che sembravano più affidabili, si rivelano diverse da come appaiono.
Scrittura tagliente, atmosfere dark, crudezza nel descrivere e narrare la violenza si coniugano nel noir di Emanuele Bissattini a tutta una serie di rimandi e citazioni alla cultura di massa. Si possono così trovare influenze provenienti dal fumetto, il Punisher della Marvel, omaggi alla musica, i tre allegri ragazzi morti citati nel testo, e, soprattutto, nelle atmosfere, nel modo di narrare, nei temi affrontati, affinità col cinema di Quentin Tarantino, di cui viene addirittura parafrasata una celebre battuta: «Io sono Ettore e metto a posto le cose».