Dalla letteratura al cinema, il medioevo dei miti cavallereschi continua ad affascinare: si pensi alla riscrittura dal piglio visionario (opera del regista David Lowery) del Cavaliere Verde arrivata sugli schermi (purtroppo più televisivi che cinematografici) poco tempo fa, che riprende una delle opere più affascinanti e misteriose dei secoli di mezzo, già al centro dell’attenzione di Tolkien. Fra i film più celebri non si può non menzionare Excalibur, con il trattamento muscolare di John Boorman che si rifaceva a uno dei testi più tardi, la Morte Darthur di Thomas Malory.

PROPRIO ALLA SPADA più celebre del Medioevo è dedicato un agile libro di Francesco Marzella: Excalibur. La spada nella roccia tra storia e mito (Salerno editrice, pp. 196, euro 18), che ne traccia il cammino a partire dal ciclo arturiano per finire proprio alle rappresentazioni di ambito fantasy moderne e contemporanee. Nel mezzo, l’autore inquadra la storia della spada nella roccia nelle sue molte varianti, inclusa la più curiosa di tutte, quella di Galgano, cavaliere toscano che rinunciò alle armi piantando, vuole la sua agiografia, la spada nella roccia, che si può ammirare oggi nella basilica a lui dedicata in provincia di Siena: quasi una materializzazione del mito. Ma non possono mancare le «Storie del nord», come si intitola un capitolo, ossia i racconti scandinavi che pure oggi piacciono molto.

SI TRATTA DI UN MEDIOEVO maschile e guerriero, nel quale le figure femminili hanno un ruolo di contorno, o sono oggetto del desiderio maschile. Tuttavia, la letteratura cavalleresca non si esaurisce in quest’epica mascolina, come mostra assai eloquentemente Fortunata Latella in Donne scortesi. La condizione femminile nello specchio della narrativa di corte (La Vela, pp. 360, euro 20).

AL CENTRO DEL LIBRO troviamo la narrativa cortese dei secoli XII-XIII, vasta e spesso intricata nella trama; per questo torna utile l’Appendice con i plot principali, sicuramente di aiuto per il lettore. Le protagoniste femminili di questi romanzi sono dame che l’ideologia cortese fissa in una dimensione idealizzata, dalla quale sembra impossibile discernere elementi di realtà sociale; evidentemente attraggono l’attenzione degli studiosi, e incuriosiscono anche un pubblico generalista poiché la misoginia dell’epoca sembra fare a pugni con il culto della donna ieraticamente perfetta che queste fonti ci presentano.

Come scrive l’autrice, «non esiste forse rappresentazione meno realistica e più letteraria di quella della donna che si muove nel mondo altrettanto costruito, idealizzato, soprattutto strumentale della società cosiddetta cortese e l’esistenza di spie in un tessuto fittizio altrimenti molto compatto, di elementi in dissonanza rispetto all’ideale descritto sono tanto più preziosi proprio perché non controllati».

LA DOMANDA che questi comportamenti sollevano riguarda il dibattuto rapporto tra realtà e finzione artistica, e dunque pone il dilemma se ci si trovi dinnanzi a un topos oppure a squarci di verità, se la realtà dell’arte narrativa, una volta di più, si nutra di quella concreta prima di diventarne modello, in una sorta di complicata «mise en abyme». E tuttavia, è possibile scorgere la «realtà dietro la finzione», seguendo il titolo del capitolo conclusivo del libro. Perché, a ben guardare, queste donne della narrativa di corte sono molto più complesse e tridimensionali di come appaiono a un primo sguardo.

Lo si evince soprattutto nella loro dimensione, appunto, «s-cortese», quella delle donne che ingannano, tradiscono, uccidono il consorte, o che comunque sono potenti e dominatrici; gli autori dei testi sono evidentemente tutti uomini, dunque vi si può leggere la forte tensione fra i generi che questa letteratura rispecchia. Da parte maschile, è il timore del tradimento e della inadeguatezza sessuale ad agire come molla anche per la ritorsione violenta. Da parte femminile, la tensione esita in molti modi, a volte anche interiorizzando i rapporti all’insegna della sopraffazione che regolano l’interdipendenza dei due sessi, e riversandoli sui sottoposti e, soprattutto, le sottoposte.

È UNA LETTURA affascinante, sospesa fra storia delle idee (si tratta comunque di fonti letterarie, come Latella sottolinea già nell’introduzione) e storia della società: due ambiti che, evidentemente, lo storico deve leggere in modo diverso, ma che non può e non deve tenere separati.