È durata appena un mese e un giorno, ma è riuscita a cambiare per sempre l’ideologia atomica dell’allora Germania-Ovest. La Libera Repubblica di Wendland restituisce la storia della più clamorosa azione di disobbedienza civile del movimento contro il nucleare, che si oppose fisicamente alla pattumiera delle scorie radioattive nella miniera di sale di Gorleben, in Bassa Sassonia, a due passi dal confine con la ex Ddr.

Occupato da 20 mila attivisti (dagli hippy ai contadini della zona), il terreno sopra al deposito si trasformò in uno Stato indipendente dal 3 maggio 1980 fino al 4 giugno seguente. Venne sgomberato con la forza dagli agenti della Guardia di frontiera su ordine del governo di Bonn, ma rimane l’antenato politico dei Grünen che proprio in quell’esperienza affondano la loro radice sociale.

Inizia tutto nel 1973, quando il governo federale comincia ufficialmente la ricerca del buco sotterraneo adatto per seppellire i rifiuti tossici delle centrali nucleari tedesche. Quattro anni dopo la coalizione della Bassa Sassonia guidata dal premier Cdu Ernst Albrecht dà il via libera all’esplorazione geologica a Gorleben. In parallelo, comincia la resistenza dei primi due nuclei di contestatori: l’Iniziativa dei cittadini per l’Ambiente e l’Associazione degli agricoltori del distretto di Lüchow-Dannenberg.

Nel marzo 1977 la prima eclatante azione di disobbedienza di massa: migliaia di attivisti, anche provenienti dall’estero, occupano l’ingresso della miniera dove le trivelle hanno già cominciato le operazioni di carotaggio.

Fin qui la battaglia contro il deposito nucleare rimane confinata a piccole, sparse e infruttuose proteste, perciò nel 1980 gli ambientalisti, dopo un ampio dibattito pubblico, decidono di occupare la zona con forze più consistenti.

La seconda fase della campagna inizia ad aprile: 20 oppositori costruiscono il primo nucleo di tende e capanne nei 16 chilometri quadrati della futura Repubblica di Wendland, subito sgomberato dalla polizia che accusa il movimento di violazione della proprietà privata. È il prologo dell’invasione in grande stile cominciata la mattina del 3 maggio con circa 5.000 attivisti giunti a Gorleben da ogni parte della Germania-Ovest attraverso la lunga «marcia dimostrativa». Si moltiplicano per quattro in pochi giorni, finché viene proclamata ufficialmente la fondazione del Libero Stato sopra la miniera e nominata come portavoce Rebecca Harms. Mentre il ministro degli Interni della Bassa Sassonia, Egbert Möcklinghoff, preme sui magistrati affinché accusino i disobbedienti di «alto tradimento».

Nel frattempo le capanne di legno, paglia e argilla sono diventate 120, e si sperimenta il primo laboratorio dal basso delle energie alternative che partorirà ingegnosi sistemi di risparmio energetico, a partire dal riscaldamento costruito con le bottiglie di vetro. In contemporanea vengono allestiti i servizi comuni: la cucina da campo, l’infermeria e i bagni, ma anche la chiesa, il parrucchiere e perfino una sauna e un piccolo «stabilimento balneare». Sorge anche l’edificio ottagonale del diametro di circa 40 metri in grado di ospitare l’assemblea di 400 persone progettato dagli studenti della Facoltà di Architettura dell’Università di Amburgo; mentre l’acqua potabile viene pompata dai pozzi attraverso un mulino a vento e poi riscaldata con i pannelli solari.

Sulla strada di accesso alla miniera viene costruito il posto di frontiera della Libera Repubblica dove garrisce al vento la bandiera del Sole che ride. In cambio di 10