Un altro calcio è possibile. Nauseati dal calcio business, stellare e piegato alle logiche della pay-tv, fatto di posti numerati, steward sempre più poliziotti, un calcio ormai in mano a miliardari arabi, americani o russi, un numero sempre maggiore di tifoserie si stacca dalla squadra per la quale ha tifato fin da piccolo per dar vita a una squadra ad azionariato popolare e tornare al calcio vissuto a dimensione umana. Un fenomeno che in Europa, e da qualche tempo anche in Italia, va sempre più caratterizzandosi ed estendendosi. I primi sono stati i tifosi del Manchester United, che hanno perso la fiducia nella squadra guidata da Alex Ferguson quando l’americano Glazier ha comprato la società, è stato allora che, secondo alcuni supporter, la squadra ha perso lo spirito popolare e vincente. Nel 2005 un migliaio di tifosi si sono staccati dalla tifoseria e hanno fondato il FC United Manchester, partendo dall’ultima categoria. Nel corso di questi anni la squadra è risalita di categoria, incrementando il numero dei tifosi, tanto che oggi attraverso l’azionariato popolare stanno raccogliendo fondi per costruire uno stadio proprio, già progettato. Sull’esperienza del Fc United Manchester è stato realizzato il documentario Punk Football del regista Daniel Colbourne (visibile su www.sportallarovescia.it/sar5/sportallarovescia-incontra/36-videointervista/31-punk-football-videointervista-al-regista-daniel-colbourne), in cui emerge il rapporto tra squadra, tifosi e comunità. Quello dei tifosi dello United Manchester non è un tentativo nostalgico di ritornare al passato, rappresenta nel suo profondo la voglia di vivere un calcio che abbia una sua identità. Esperienze simili sono nate in altre parti d’Europa, come in Spagna, dove proprio questa estate dall’8 al 10 agosto c’è stato il primo incontro tra le squadre di calcio ad azionariato popolare Atletico Club De Socios, Union Club Ceares, Cap Ciudad De Murcia, Club Deportivo Palencia, Sociedad Deportiva Longrones, FC Tarraco, Unionistas De Salamanca CF, Xerex Deportivo FC e infine il Fasfe, che hanno prodotto un manifesto del calcio popolare in 7 punti, nel quale tra l’altro si legge: «È imprescindibile incorporare i valori etici dello sport nella pratica del calcio: siamo a favore del miglior governo democratico dei i suoi organi di gestione. La trasparenza, la buonafede, l’amministrazione leale delle risorse umane, economiche, materiali e immateriali, l’esigenza di responsabilità personali e patrimoniali, insieme all’incentivo della buona coesistenza fra tifoserie, sono elementi chiave per garantire la pace sociale e legale nella pratica dello sport. Tutto ciò rende possibile un’adeguata cultura da stadio, che insieme alla miglior gestione dei club, metterà in luce il vero valore sociale, comunitario e popolare del calcio». L’intento della tre giorni del calcio popolare iberico è ribadito al punto 7 del manifesto: «Per raggiungere gli obiettivi del Calcio Popolare risulta imprescindibile riformare le leggi vigenti, regolare la partecipazione popolare negli organi federativi e nei club, sviluppare programmi di investigazione e studio multidisciplinare della materia, eliminare la corruzione dallo sport, la discriminazione istituzionale e la coazione, per raggiungere la massima trasparenza economica e la governance, come risultati più evidenti del miglioramento della funzione sociale dello sport».
In Italia non mancano esperienze di calcio popolare che partono dal basso, come l’Atletico San Lorenzo a Roma, sorta due anni fa grazie all’impegno degli abitanti dello storico quartiere di sinistra. Per l’occasione, sono state indette ben due assemblee popolari tenutesi nel quartiere, come recitava il manifesto di convocazione: «Vogliamo ridare il calcio al popolo, ai bambini, alla gente che sogna! Crediamo che solo attraverso l’azionariato popolare ed altre dinamiche di condivisione dal basso potremo costruire insieme una concreta possibilità di rivalsa per tutti i giovani di queste strade». A Roma è nata un’altra squadra a carattere popolare, l’Ardita San Paolo, nella zona sud della città tra il quartiere San Paolo, la Garbatella e l’Ostiense, i cui tifosi recatisi domenica scorsa a Magliano Romano, per sostenere la squadra, hanno subito sugli spalti un vile attacco squadrista da parte dei neofascisti. A Firenze dieci anni fa nasceva l’Ac Lebonsky, squadra che oggi gioca nella prima categoria, fondata da un gruppo di ultrà che allo stadio si annoiava, e come prevede lo statuto la squadra è di proprietà della curva, intitolata a Moana Pozzi. In Veneto primeggia l’esperienza del San Precario calcio. Nel Salento c’è lo Spartak Lecce, squadra fondata dal suo presidente-calciatore Andrea Ferreri, laureato in filosofia e autore di UltrasI ribelli del calcio (Bepress), che ha intenzione di promuovere una confederazione delle squadre di calcio popolare per intavolare una trattativa con la Federcalcio. Da Manchester a Lecce sembrano pensarla come Edoardo Galeano: «Il calcio per sognare. Il calcio come arte religione e bellezza. Il calcio come linguaggio comune, modo per riconoscersi e ritrovarsi. Il calcio, figlio del popolo, che non deve cedere alle lusinghe dei potenti, di chi vuole trasformarlo in strumento per produrre denaro, uccidendo la fantasia e l’innocenza. Il calcio, ancora una volta come atto di ribellione».