I documentari di storia del cinema proposti al festival per fiancheggiare i classici restaurati suggeriscono la necessità di tenere la barra con un occhio volto alla lezione del buon cinema del passato, in questo momento di rivoluzione mediale. Tra le varie «ondate» cinematografiche il neorealismo è quella che ha avuto l’impatto a più ampio raggio e di maggior durata; è a partire da questo concetto, a suo tempo enunciato anche da Martin Scorsese in Il mio viaggio in Italia, che Carlo Lizzani e Gianni Bozzacchi con il doc Non eravamo solo… ladri di biciclette riconsiderano storia e caratteri di questo movimento.

Il film si apre con un’intervista al direttore del museo galileiano a ribadire l’impatto rivoluzionario del neorealismo per ripercorrerne poi le varie anime, da Rossellini a Visconti, De Santis e De Sica, con clip di film e interviste ad alcuni protagonisti (Enzo Staiola, Franco Interlenghi, Scorsese, Rotunno, ecc.). Ne risulta una rivisitazione filologicamente corretta del neorealismo, con l’intento comunque non di imbalsamarlo ma di proporlo come supporto in termini di autostima al cinema nazionale, che sembra tra l’altro aver trovato proprio nella generazione dei documentaristi a caccia di realtà una valida nuova leva autoriale, per quel che si vede al festival.

L’impatto del neorealismo è confermato da Donne nel mito: Anna Magnani a Hollywood di Marco Spagnoli, prodotto da Diva Universal, voce fuori campo della nipote, Olivia Magnani. In un totalmente inatteso spezzone iniziale, Marilyn Monroe, intervistata in occasione della consegna del David di Donatello 1958, trova nella collega Magnani, appena rientrata da Hollywood, una suggeritrice d’eccezione che le insegna a dire: «Sono molto commossa, grazie» in un italiano perfetto. Il film ricostruisce infatti l’interessante intreccio tra Hollywood e Via Veneto negli anni Cinquanta, in particolare i rapporti dell’attrice con Tennessee Williams che scrive per lei La rosa tatuata, per cui la Magnani vinse l’oscar come miglior attrice protagonista, recitando in inglese. Nel 1948 Tennessee Williams venne in Italia e accompagnò Frank Merlo, il suo amico italo-americano, in Sicilia anche per incontrare Visconti sul set di La terra trema.

e diventò amico della Magnani, all’apice della sua carriera. Williams ambientò in una comunità siciliana della Florida la storia di Serafina delle Rose, una sarta che vive nel ricordo ossessivo del marito morto (ma fedifrago), costringendo al lutto e alla repressione sessuale anche la figlia adolescente; l’incontro con un altro camionista di origini siciliane, spensierato e focoso (interpretato da Burt Lancaster) la risveglia alla vita.[do action=”citazione”]I due grandi personaggi del teatro del dopoguerra si erano già incrociati professionalmente perché Visconti aveva curato una mitica regia del suo Zoo di vetro con Stoppa e Morelli. In quegli anni lo scrittore americano trascorse a Roma lunghi periodi[/do]

Il film (visibile su YouTube) è un trionfo della recitazione neorealista della grande Anna, che con un look spettinato e le sue sottovesti tra il sexy e il trasandato si impone sul mondo tormentato tra Actors studio e una Hollywood in decadenza, tipico degli adattamenti di Williams. Anche in Selvaggio e il vento di George Cukor, l’attrice riesce a mantenere un’immagine intensa- diciamo neorealista. Ben diverso invece è il suo ruolo in Pelle di serpente, firmato da Tennessee Williams, in cui un Marlon Brando, motociclista sexy (fece colpo anche su di lei) e tenebroso, sposta l’asse della performance totalmente sul Metodo, ovvero sull’approccio Actors’ studio, per quanto Anna Magnani riesca comunque a tenere la scena da sua pari.

Anna Magnani avrebbe potuto restare a Hollywood ma le mancava troppo la famiglia, che ha sempre anteposto alla sua carriera, e quindi è tornata in Italia, regalandoci quella fuga in avanti del cinema nazionale, rappresentata da Pasolini.