Il Patacón è servito per pagare le fatture dei fornitori e poi anche gli stipendi dei dipendenti pubblici e le pensioni, in un paese altamente indebitato in una moneta forte, ma che aveva la casse vuote e l’economia in stallo. È successo a Buenos Aires nel 2001.

I Patacones hanno cominciato a circolare a Buenos Aires, la provincia più popolata dell’Argentina, poi nel Chaco hanno adottato il Quebracho, il Lecar a Cordoba ecc., lo stato ha poi battezzato Lecop i bond stampati per pagare i debiti con le Province. I Patacones erano «papelitos pintados» (pezzi di carta colorati) che non avevano riserve nel Tesoro né erano basati su entrate fiscali.

Erano lettere di credito utilizzate come moneta parallela, per far fronte alla tragedia economica e sociale argentina. Mancavano i dollari, mentre il cambio “ufficiale” restava uno a uno con il peso. Il governo aveva cominciato dire che la moneta parallela non sarebbe servita per spendere, ma solo per risparmiare, dei mini-Bot insomma.

Poi i commercianti hanno cominciato ad accettare i Patacones, perché erano meglio di niente. Il ministro dell’Economia aveva messo sotto controllo i conti correnti, la gente non poteva ritirare più di 1000 pesos al mese, con i Patacones è stato aumentato artificialmente il cash flow.

L’idea era di immettere potere d’acquisto in un’economia esangue, fallita, attraverso dei pezzi di carta che potevano creare l’illusione per un momento ed evitare la svalutazione del peso rispetto al dollaro. Il governo aveva promesso di riscattarli. L’operazione è cominciata nel 2004 ed è durata fino al 2006, ma i Patacones hanno perso valore, chi li deteneva ha dovuto accettare i nuovi pesos, che valevano molto ma molto meno. Una frode ufficiale di stato.

Più tardi, l’Argentina, che non è più uscita dalla crisi, ci ha riprovato con i Cedin, abilitati per operazioni commerciali di beni e servizi. L’Argentina ha fatto default nel 2001 e nel 2014. I poveri sono il 40% della popolazione, in un paese che prima della guerra era la settima potenza mondiale.