Ripescare questo libro, pubblicato qualche mese fa da Nuova Dimensione, è particolarmente utile perché, seppure riferito a una situazione locale ben definita, è pieno di indicazioni su cosa si dovrebbe fare (e soprattutto non fare) a livello politico dal punto di vista dall’azione in contrasto all’emergenza climatica. L’autore, Stefano Fracasso, dottore in scienze forestali, insegna materie scientifiche al liceo, è stato sindaco di Arzignano e poi consigliere in regione Veneto con il Partito Democratico.

QUESTO TESTO RACCOGLIE una serie di proposte nate da uno studio commissionato all’università di Padova: al centro c’è la questione energetica, chiave di volta nel cambio di paradigma necessario per trasformare il Veneto in una regione a emissioni zero entro il 2050. La schiacciante conferma della maggioranza leghista alla guida del consiglio, decisamente poco interessata alle tematiche ambientali, fa allontanare la speranza che alcune di queste diventino proposte urgenti da mettere al centro dell’agenda.

EPPURE IL VENETO si trova nell’occhio del ciclone degli sconvolgimenti climatici. Alla fine di ottobre del 2018 la tempesta Vaia, capace di sradicare oltre 12 mila ettari di bosco con venti vicini ai 200 km orari, colpisce le Dolomiti bellunesi. Nel novembre 2019, l’acqua granda invade Venezia, con punte che non si raggiungevano dall’alluvione del 1966, il tutto mentre il consiglio regionale viene evacuato perché raggiunto dalla marea, nel mezzo dell’approvazione del bilancio in cui erano stati respinti tutti gli emendamenti per contrastare il riscaldamento globale. Il livello del mare, tuttavia, non farà che aumentare: la linea di costa, nel 2100 (tra soli 80 anni), potrebbe trovarsi a Rovigo. Il ghiacciaio della Marmolada, invece, in trent’anni è probabile che scompaia per sempre.

«I CAMBIAMENTI CLIMATICI ci mettono davanti all’imperativo di immaginare un futuro», scrive Stefano Fracasso, e in brevi e densi capitoli presenta questioni e soluzioni che non prescindono mai dal contesto e dall’economia di questi luoghi. Fondamentale sarà azzerare l’uso di combustibili fossili, nel riscaldamento domestico, nei trasporti, nella produzione di energia. Con il fotovoltaico soprattutto, utilizzando i tetti degli edifici (sono migliaia quelli dismessi, mentre il consumo di suolo aumenta inesorabile) e con la geotermia, risorsa presente ma poco sfruttata.

COMUNITA’ DI PRODUTTORI e consumatori di energia, aiutati da comuni e amministratori, rappresentano una prospettiva stimolante con l’obiettivo dell’autoproduzione. Obiettivo irrinunciabile sarà modificare le abitudini d’uso dei trasporti privati (in una regione in cui sono presenti oltre 4 milioni di veicoli, per meno di 5 milioni di abitanti), favorendo la diffusione dii mezzi elettrici e la mobilità condivisa

MA LE AMMINISTRAZIONI al potere (prima Galan e poi Zaia) dal 2003 hanno buttato oltre 50 milioni di euro senza riuscire a ottenere un biglietto unico dei trasporti, non investono su nuove linee e mezzi pubblici, hanno speso più di 2 miliardi di euro per la Pedemontana, autostrada dall’utilità molto discutibile (il progetto risale agli anni ’90), ma che ribadisce la convinzione di un territorio solo a misura di auto e camion.

«PER LA SUA PERVASIVITA’ sociale ed economica» spiega l’autore del libro, «la transizione energetica ha tutti i connotati di un progetto politico: ha i contorni di un disegno unificante, capace di riunire i frammenti isolati e solitari della società della moltitudine dentro un orizzonte di senso e chiamarli a una responsabilità condivisa». Ecco il punto: i frammenti della sinistra, quasi invisibili in Regione Veneto, avrebbero molti argomenti attorno a cui aggregarsi per tentare di cambiare, finalmente, la prospettiva. Con la benedizione dell’Europa, che vuole favorire politiche e amministrazioni virtuose, rendendo città e piccoli comuni i veri protagonisti del contrasto al cambiamento climatico.

SARA’ SUFFICIENTE per un luogo che sembra aver scordato cosa sia il legame con la terra? O è davvero già troppo tardi?