L’Unione europea si prepara a trattare con i talebani. «Dovremo metterci in contatto con le autorità a Kabul, chiunque ci sia», ha annunciato ieri il rappresentante della politica estera dell’Ue, Josep Borrell. «I talebani hanno vinto la guerra e quindi dobbiamo parlarci per discutere ed evitare un disastro migratorio e una crisi umanitaria» oltre che «evitare che torni il terrorismo».

Borrell parla al temine del vertice straordinario dei ministri degli Esteri dei 27 convocato proprio per discutere la definitiva caduta del Paese asiatico nelle mani degli studenti coranici. Chi si aspettava una presa di posizione dura dell’Europa verso i nuovi padroni dell’Afghanistan è però rimasto deluso. Un paio d’ore di vertice in videoconferenza sono state sufficienti ai ministri per raggiungere un accordo almeno su un paio di punti. Il primo riguarda la necessità, doverosa, di portare in salvo non solo il personale diplomatico di ogni singolo Stato e i collaboratori afghani – compreso lo staff che ha lavorato con le istituzioni europee, 400 persone circa. Ma anche giornalisti, esponenti delle ong, artisti, tutte persone che in queste ore rischiano la vita se individuati dai talebani. Il secondo punto riguarda invece come evitare che un fiume di uomini, donne e bambini in fuga dall’Afghanistan si diriga verso l’Europa come avvenne nel 2015. Ed è soprattutto su questo che, per Bruxelles, il dialogo con i talebani diventa fondamentale.

Per quanto riguarda il personale diplomatico e i collaboratori afghani il loro rientro dovrebbe essere garantito da una serie di voli coordinati a livello europee. Il resto è tutto da vedere anche se, ovviamente, non sono mancati impegni a fare in modo che nell’Afghanistan ripiombato in pochi giorni nel passato, venga garantito il rispetto dei diritti umani e delle libertà civili, delle donne e il contrasto al terrorismo, come spiega il ministro Luigi Di Maio elencando quelle che definisce le priorità europee. Dimenticando di spiegare, però, come l’Ue intende farle rispettare.

Eppure alla vigilia dell’incontro sembrava che per una volta l’Unione europea avesse trovato il coraggio di farsi sentire. Era infatti ventilata la possibilità di bloccare i finanziamenti stanziati per l’Afghanistan alla fine del 2020 nella Conferenza di Ginevra, 1.200 miliardi di euro per il periodo 2021-2025 sotto forma di aiuti allo sviluppo. L’argomento ieri non sarebbe stato affrontato, anche se la Germania ha invece annunciato la sospensione dei 200 milioni di euro stanziati ma ancora non erogati da Berlino. E niente si sarebbe detto anche per quanto riguarda la possibilità di una riclassificazione dell’Afghanistan, considerato oggi come «Paese sicuro» dall’Ue. Cosa che avrebbe consentito di rivedere la posizione di migliaia di afghani già presenti in Europa che si sono visti respingere la richiesta di asilo. «Un punto debole della nostra Ue è che non abbiamo costruito una politica di asilo comune», ha ammesso ieri la cancelliera tedesca Merkel.

E così mentre il Canada annuncia di essere pronto ad accogliere 20 mila profughi e persino Kosovo, Albania e Macedonia del Nord si dicono disponibili a riceverne, seppure temporaneamente un migliaio, l’Unione europea si prepara a confrontarsi con i talebani senza neanche aspettare di vedere se le promesse che stanno facendo in queste ore di non effettuare vendette, verranno mantenute. Lavorando nel frattempo per fare in modo che quanti fuggiranno dall’Afghanistan vengano accolti dai Paesi confinanti. A indicare all’Europa come comportarsi è stata come al solito la cancelliera tedesca: «Prima di parlare di quote di ripartizione (dei profughi, ndr), dobbiamo parlare di opzioni sicure per i rifugiati nei pressi dell’Afghanistan», ha spiegato. Oggi nuovo vertice, questa volta con i ministri dell’Interno che discuteranno come fronteggiare eventuali arrivi. Da parte sua la Grecia ha già fatto sapere che non permetterà ai profughi afghani che dovessero arrivare dalla Turchia di attraversare i propri confini.