In occasione dell’uscita di Until Dawn abbiamo fatto qualche domanda a Will Byles, executive creative director di Supermassive Games, responsabile dello sviluppo del videogioco.
La paura in «Until Dawn»?
In Until Dawn abbiamo fatto diverse cose con la paura. Tradizionalmente ci sono tre tipi di paura: il terrore, l’orrore ed il disgusto. Il terrore è quando sai che c’è qualcosa ma non lo vedi, c’è un orrore in agguato che non si è ancora visto. È da lì che deriva la suspense. L’orrore è quando la minaccia è visibile, sia essa un fantasma, un mostro o uno psicopatico. È qualcosa di tangibile con la quale ci si confronta. Il disgusto è quando ci si confronta con la debolezza del corpo umano, col sangue, le budella e tutte quelle schifezze. Abbiamo usato i tre elementi dosandoli in maniera diversa: ci siamo concentrati pesantemente sul terrore per cercare di costruire la suspense e abbiamo fatto un buon uso dell’orrore e del disgusto per cercare di infastidire/ossessionare/entrare nelle vene del giocatore. Per essere sicuri che fossimo nella giusta direzione, abbiamo testato alcuni giocatori con la «risposta galvanica della pelle» per verificare se mentre giocavano gli sudassero le mani, se il battito cardiaco aumentasse e che effetto avesse il gioco sulla respirazione.
È stato complicato creare un videogioco che trasmettesse un genuino senso di paura?
Fare paura è molto difficile, non solo perché abbiamo tutti fobie diverse, ma perché la paura è soggettiva. Ci sono però alcune cose che fanno sempre paura e ne abbiamo usate alcune. In alcuni casi abbiamo usato il jump scare (il classico effetto sorpresa che al cinema causa i salti sulla poltrona!) anche se ci siamo andati piano perché il pubblico tende a stancarsi presto con questo tipo di spavento. La cosa più importante è stata costruire la tensione: è meglio che i giocatori immaginino quale possa essere il pericolo, per questo abbiamo fatto vedere le cose di sfuggita, aggiungendo dei segnali audio.
Come mai avete mutato il progetto originale per Playstation 3 del gioco in questa nuova e differente versione per Playstation 4?
Siamo passati da ps3 a ps4 perché la community playstation ce l’ha chiesto. Quando l’abbiamo vedere la prima volta Until Dawn nel 2012 ci hanno chiesto insistentemente di non usare il «move controller» come era inteso nel progetto originale. Mentre cercavamo di capire come risolvere questa cosa, abbiamo visto che stava per uscire ps4 e ci è sembrata l’opportunità ideale per cambiare lo schema di controllo in quello attuale.
Come si inserisce «Until Dawn» nel filone degli slasher horror?
Al giorno d’oggi l’idea di uno slasher movie è molto postmoderna. Film come Scream e I Know What You Did Last Summer sono diversi perché autoreferenziali. Scream, ad esempio, usa l’idea dello slasher movie come ambientazione dello stesso slasher movie, il pubblico sa che i registi sono consapevoli. Abbiamo pensato a quel tipo di film e con Until Dawn abbiamo voluto fare qualcosa di simile andando però più in profondità. Il gioco inizia come uno slasher movie con tutti i suoi luoghi riconoscibili, poi raggiunge altri livelli, qualcosa che forse non si è ancora visto.
C’è anche l’elemento paranormale in «Until Dawn»?
L’idea di uno slasher movie senza il paranormale è piuttosto vecchia ma la maggior parte dei film hanno elementi paranormali, ad esempio gli assassini di Halloween o di Friday the 13th hanno qualcosa di sopranaturale. Non posso rivelare se Until Dawn sia più legato alla vecchia scuola o sia più uno slasher moderno.
C’è la possibilità di sopravvivere all’orrore fino all’alba o tutti i personaggi possono morire?
Certamente c’è questa possibilità! Se giochi ad Until Dawn in una certa maniera tutti possono arrivare vivi alla fine, ma se giochi in un altro modo allora moriranno tutti, o solo alcuni. Dipende solo dal giocatore, dalle scelte che fa.
Il suo film horror preferito?
È piuttosto vecchio, è del 1963: The Haunting (Gli invasati) di Robert Wise. Credo sia il migliore che abbia mai visto. È la storia di una casa infestata incredibilmente paurosa anche se non si vede niente: si basa su ciò che uno pensa stia succedendo. Lo raccomando a tutti. Non il remake del 1999 ma quello originale.
Il suo videogioco horror preferito?
Qui si apre una bella gara, mi è piaciuto moltissimo Resident Evil 4. Penso sia uno dei migliori videogiochi mai realizzati anche se non è un horror vero e proprio. Il gioco più spaventoso a cui abbia giocato è Fatal Frame II: Crimson Butterlfly, è un videogioco horror giapponese, di quelli genuinamente pietrificanti. È impossibile giocarlo di notte, da soli.