“Proviamo ad abrogare il reato di clandestinità”
Intervista Mario Marazziti (Scelta Civica) è stato a Lampedusa ed è sconvolto. E' convinto che questa tragedia possa spingere la politica a compiere i primi passi per cambiare alcune norme sull'accoglienza degli immigrati. "Ma i tempi per cancellare la Bossi-Fini non sono ancora maturi"
Intervista Mario Marazziti (Scelta Civica) è stato a Lampedusa ed è sconvolto. E' convinto che questa tragedia possa spingere la politica a compiere i primi passi per cambiare alcune norme sull'accoglienza degli immigrati. "Ma i tempi per cancellare la Bossi-Fini non sono ancora maturi"
Ha visto le bare, i superstiti nel fango. Anche un cattolico pragmatico come Mario Marazziti, deputato di Scelta Civica e già portavoce della comunità di Sant’Egidio, può dirsi sconvolto senza scivolare nella retorica.
Il papa ha parlato di vergogna. Enrico Letta ieri ha detto che prova un senso di profonda vergogna. Chi altro si deve vergognare?
Il mondo, l’umanità che non può permettersi che ci sia tanta distanza tra le persone. E’ vergognosa l’incapacità dell’occidente di affrontare le crisi politiche aperte in Africa e nel Medio oriente. Si deve vergognare l’Europa, che ancora non riesce a concepire l’idea che una persona possa chiedere asilo prima di toccare il suolo europeo, evitando così di imbarcarsi per un viaggio disperato.
Lei ha visto in che condizioni vivono i sopravvissuti. I morti si possono anche piangere ma loro sono vivi, non è una cosa scandalosa?
Ho visitato il centro di Lampedusa dopo una notte di pioggia, è stato uno spettacolo impressionante. Sembrava di essere ad Haiti dopo il terremoto, ma senza il terremoto. Ho visto una città con i pavimenti di gomma piuma zuppi di acqua e vestita come un uovo di Pasqua, con le tuniche di carta dorata sulle spalle dei superstiti che si aggiravano spaesati. Una situazione inaccettabile, bisogna agire immediatamente.
In che modo?
Per prima cosa i centri devono tornare ad essere solo centri di prima accoglienza, i soldi ci sono perché sono già stati stanziati. In Sicilia, e non a Lampedusa, si faccia un centro di prima accoglienza coordinato a livello europeo. A partire da quel luogo la metà dei richiedenti asilo potrebbe essere assorbita dall’Italia, gli altri dovrebbero essere distribuiti in altri paesi, perché molti profughi desiderano altre destinazioni. L’Italia, inoltre, dovrebbe attivare i consolati nei paesi di transito per garantire pratiche di protezione per i migranti, solo in questo modo chi ha il diritto di asilo potrà compiere viaggi sicuri, e si ridurrebbe il traffico di esseri umani.
Solo dopo centinaia di morti la Bossi-Fini viene messa in discussione. Con questo governo ci sono i presupposti per cambiare rotta?
Quella legge va riscritta, ma credo che i tempi non siano ancora maturi. Da subito però si possono correggere alcune norme, come l’abolizione del reato di clandestinità, per esempio. Anche la legge sulla cittadinanza va affrontata con urgenza, e credo che ci sia la possibilità per un successo.
Proprio mentre il capo dello stato propone l’amnistia per i carcerati, i Centri di identificazione ed espulsione per stranieri continuano ad essere uno scandalo dimenticato e del tutto fuori controllo.
Bisogna deideologizzare le singole questioni. Per cominciare, la permanenza nei Cie andrebbe riportata da diciotto a due mesi, un anno e mezzo di reclusione è un atto disumano e non necessario per l’identificazione. Ma in questa fase non ne farei una priorità.
Politici, autorità varie, tutti oggi a parole esibiscono commozione davanti ai morti. I lampedusani però sostengono che presto la politica si volterà ancora una volta dall’altra parte. Hanno ragione loro?
Per questa tragedia ci saranno i funerali di stato. Non è un dettaglio, è una scelta molto profonda, di fatto significa dare per la prima volta a queste persone uno status del tutto particolare, è come se dicessimo che i migranti fanno parte della nostra famiglia nazionale. Questo dramma potrebbe generare un momento di volontà eccezionale, dobbiamo essere bravi a costruire una convergenza su ciò che è possibile realizzare da subito, è un’occasione storica e oggi l’Europa sembra essere più vulnerabile per recepire un discorso che vada nella direzione dell’accoglienza.
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