Con un blitz, prima che la discussione tra le correnti potesse accendersi, Enrico Letta ieri ha scelto i due vicesegretari del Pd: si tratta di Irene Tinagli (vicaria), europarlamentare del Pd e presidente della commissione Affari economici del parlamento europeo, e di Giuseppe Provenzano, della sinistra dem, già vicedirettore dello Svimez ed ex ministro per il sud nel governo Conte 2.

SE IL NOME DI PROVENZANO era circolato come papabile per un ruolo di peso, la scelta di Tinagli è una vera sorpresa, perché l’economista non è mai stata davvero dentro la vita del Pd, ed è stata eletta a Bruxelles in quota «Siamo europei», la formazione di Carlo Calenda che alle europee si era apparentata coi dem.

PER LETTA SI TRATTA DI DUE nomine complementari: se lui guarda più a sinistra, lei è di area liberale. In comune hanno un curriculum di studi pesante, lui il dottorato in scienze giuridiche al S. Anna di Pisa, lei la laurea alla Bocconi e una specializzazione negli Usa. Entrambi sono nati politicamente nel Pd, sono quarantenni ed hanno già oltre dieci anni di esperienza politica alle spalle. Ma anche un mestiere vero, cosa molto gradita da Letta. Tutti e due hanno collaborato con la scuola di politiche del neosegretario: lei è nel board, lui è stato docente. Anche negli anni dell’esilio a Parigi sono rimasti in buoni rapporti con Letta.

PER TINAGLI, CHE NEL 2019 ha preso oltre 100mila preferenze nel nord ovest, il ruolo di ambasciatrice con i ceti produttivi, ma anche con Bruxelles, e una delega pesante al Recovery Plan. A Provenzano il compito di curare i temi della lotta alle diseguaglianze e delle politiche di prossimità. Il segretario li ha scelti in solitudine, confrontandosi solo con i più stretti collaboratori. E ha fatto l’annuncio via twitter. Una mossa pensata per mettere i capicorrente davanti al fatto compiuto. Il 23 marzo l’atteso incontro con i gruppi di Camera e Senato per una «verifica» sui punti del suo programma.

«Grazie Enrico! Sono emozionata ed onorata: è una grande sfida, ma tutti insieme potremo ripartire e dare un contributo importante al nostro Paese e all’Europa», scrive su twitter Tinagli. «Ora al lavoro, anima e cacciavite per costruire un Pd più aperto e più forte, in un’Italia più giusta, coesa, migliore. La bussola ce l’abbiamo, è l’articolo 3 della Costituzione», commenta Provenzano.

Per Letta ieri è stato anche il giorno del dossier Roma, dopo che martedì era uscita l’indiscrezione di una decisione del Pd a favore di Roberto Gualtieri come candidato sindaco. Scatenando l’ira di Carlo Calenda, già in campo da mesi. Letta ha subito incontrato i segretari del Pd di Roma e del Lazio, Andrea Casu e Bruno Astorre e ha detto di «fermare i motori». «Forzature come quella che è successa sono l’emblema del vecchio Pd che è andato in pezzi», l’avvertimento del leader che ieri mattina ha visto Gualtieri.

Entrambi si sono detti «irritati» per le «inutili fughe in avanti». «Non c’è neppure la data delle elezioni, faremo un percorso col Pd romano e decideremo entro aprile le modalità per scegliere il candidato», ha detto Letta, che ha sentito Calenda e gli ha confermato di voler costruire un’alleanza con lui anche nella Capitale.

GUALTIERI HA DETTO di non essere stato messo al corrente della fuga di notizie, e su Facebook ha spiegato che «il percorso per la candidatura a Roma richiede ancora importanti passaggi politici. A Letta ho detto che sto ancora riflettendo se dare la mia disponibilità a una candidatura che mi è stata sollecitata». Poi ha ribadito di «avere a cuore il rilancio di Roma».

Calenda, che si è complimentato con Letta per la scelta di Tinagli («Più vicini di così non potremmo essere»), dopo aver minacciato lo strappo chiede ai dem di «decidere insieme programma e squadra». «Sono disposto anche a un ticket, ma non mi permetterei di proporre il ruolo di vice a una personalità come Gualtieri, e non credo che lui abbia un’inclinazione per l’amministrazione». Il leader di Azione spera ancora in una incoronazione. E rassicura Enrico: «Non metterò mai davanti me stesso ad un lavoro che è utile per Roma».

Da sinistra Amedeo Ciaccheri, presidente dell’VIII municipio e coordinatore di Liberare Roma, ribadisce che «l’unico modo per unire il centrosinistra sono le primarie di coalizione».