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Bretton Woods e le difficili trattative per aggiustare i rapporti economici e finanziari tra le grandi potenze appartengono al passato, alla conclusione della seconda guerra mondiale, oltre Settanta anni fa, ma questo libro di Benn Steil, da poco pubblicato in Italia, mi pare di grande attualità (La battaglia di Bretton Woods. Donzelli editore, pp. 407. Euro 38). Questa «battaglia» tradotta e attentamente curata da Ada Becchi e con una coinvolgente prefazione di Pierluigi Ciocca dovrebbe suscitare discussioni e polemiche sul nostro difficile e complicato presente, nel quale «l’intreccio fra economia e politica», segnalato da Ciocca per i tempi di Bretton Woods, è assai più complesso e pieno di incognite.

La conferenza di Bretton Woods, vale ricordarlo, riunì nel luglio del 1944 i rappresentanti di oltre 40 paesi per definire (approssimare) l’assetto dei rapporti economici (e politici) nel mondo di allora dopo la conclusione della seconda guerra mondiale e, non va dimenticato, all’inizio della guerra fredda con l’affermazione del primato degli Stati Uniti e quindi del dollaro e la retrocessione, con evidenti conflitti (dei quali fu protagonista un personaggio come Lord Keynes) dell’Inghilterra.

La conferenza di Bretton Woods fu lunga e aspra perché l’Inghilterra non era affatto disposta a capitolare e, dopo aver vinto i tedeschi, a farsi dominare dagli americani. Insomma una vera e durissima battaglia, della quale nelle ultime pagine del libro si legge una sintesi assai convincente: «La saga di Bretton Woods si è svolta a un crocevia unico nella storia moderna. Una superpotenza anticoloniale in ascesa, gli Stati Uniti, ha usato la leva economica nei confronti di un’alleata potenza imperiale insolvente, la Gran Bretagna, per fissare le condizioni alle quali quest’ultima avrebbe dovuto cedere il suo declinante potere sul commercio e la finanza internazionali».

Il libro (si tratta di ben 400 pagine) tratta ampiamente di questo singolare duello, con rivelazioni di intrighi e rivalità tra i due grandi paesi di lingua inglese, che ebbe per protagonisti John Maynard Keynes dalla parte della Gran Bretagna e il meno noto e filosovietico Harry Dexter White dalla parte degli Usa. Certo, storia passata, ma sempre istruttiva perché i contrasti politici ed economici permangono ancora oggi, e forse sono ancora più difficili perché il mondo si è allargato e globalizzato e ci sono nuovi protagonisti. Prevedere il futuro è molto difficile. Scrive Benn Steil, quasi a conclusione: «La storia ci dice che non ci sarà una nuova architettura monetaria basata sulla cooperazione fino a che sia gli Stati Uniti che la Cina non arriveranno alla conclusione che le conseguenze di uno stato di confusione, senza la prospettiva di correggere gli squilibri endemici tra loro, sono troppo gravi. Anche più spaventosi sono i requisiti per la costruzione di un sistema duraturo; il nazionalismo monetario è stata la tomba dell’ultimo grande sforzo realizzato nel 1944».

Insomma siamo davanti a un mondo nuovo, a nuovi protagonisti, a nuove tecniche di produzione e comunicazione: a nuove speranze e a nuovi pericoli. La politica internazionale è sempre più importante e complessa.