Prove di Europa a più velocità. Con un’ultima iniziativa della sua presidenza, François Hollande ha invitato ieri nel quadro solenne del Château de Versailles i capi di governo dei paesi più popolosi dell’Unione europea: Angela Merkel, Paolo Gentiloni, Mariano Rajoy. Tutti in difficoltà, presenti o a venire (Hollande impossibilitato a ripresentarsi alla presidenza, Merkel sfidata da Martin Schulz per le elezioni di settembre, Rajoy con una maggioranza sfilacciata, per Gentiloni basta leggere le pagine di politica interna). I 4 avanzano con i piedi di piombo, “non si tratta di dire cosa deve essere l’Europa – dice Hollande – ma siamo i quattro più importanti e dobbiamo dire cosa vogliamo fare assieme”. Il mini-vertice non è certo un nuovo trattato di Versailles cent’anni dopo (e per fortuna, visto il seguito). Ma solo una preparazione per il vertice del 9-10 marzo a Bruxelles (dove ci sarà sul tavolo, tra l’altro, la questione del rinnovo della carica di Donald Tusk alla presidenza del Consiglio europeo, contro la volontà del suo paese d’origine, la Polonia – un fatto senza precedenti) e del grande incontro di Roma, il 25, per i 60 anni del Trattato fondatore, che dovrebbe rappresentare un punto di partenza verso nuovi orizzonti.

Rilanciare l’Europa, mentre la confusione guadagna terreno e le sfide nazional-protezioniste minacciano molti paesi (a cominciare dall’Olanda, questo mese, poi tocca alle presidenziali francesi, prima del voto tedesco). Ma senza entrare troppo nei dettagli. E’ l’idea di fondo del mini-summit, che sul tavolo aveva il Libro Bianco presentato la scorsa settimana da Jean-Claude Juncker: l’idea maggiormente condivisa è procedere verso un’Europa a “integrazione differenziata”, che permette a chi lo vuole di approfondire la cooperazione in campi specifici. “Bisogna avere il coraggio di ammettere che alcuni paesi vanno avanti più rapidamente di altri” riassume Merkel. Un progetto che già solleva l’opposizione dell’est europeo, che pero’ ha poca voce in capitolo dopo il rifiuto della solidarietà con la Germania sulla questione dei rifugiati. Dietro le quinte, i quattro dirigenti hanno discusso soprattutto di Brexit e delle sue conseguenze. Il Brexit come una possibilità di rilancio? La Gran Bretagna ha spesso bloccato l’avanzamento nelle politiche comuni. Purtroppo, il primo terreno per avanzare sembra essere quello della difesa. Interessa il mondo industriale – mai sono state prodotte tante armi e l’Europa, Francia e Germania in testa, è un grande esportatore. I ministri degli Esteri e della Difesa della Ue studiano la creazione di un quartier generale di addestramento comune. In questo campo, la Brexit potrebbe del resto essere molto soft, visto che Londra ha un peso – nucleare – in questo settore. Più difficile pensare che i cittadini si entusiasmino sul rilancio dell’Europa attraverso la difesa. Altri campi esplorati: la sicurezza interna, il controllo delle frontiere, l’asilo e la questione dei migranti. Arrivare a una base di diritti sociali resta un argomento di serie B. Gentiloni insiste su un’Europa attenta a “crescita e investimenti”.