Regna un atmosfera ancora incerta a Baltimora nei postumi dei disordini che hanno sconvolto i quartieri neri del centro città. Una misura della tensione residua l’ha data la partita di baseballe, giocata a porte chiuse dagli Orioles, la prima della storia del baseball. La squadra, seguita da tifosi quasi interamente bianchi, gioca nello stadio di Camden Yards nel porto «riqualificato» vicino ai quartieri neri e la chiusura al pubblico è stata percepita come una ulteriore mossa controversa e discriminatoria.

Continua anche la polemica sul termine «teppisti» che la polizia e molti politici hanno voluto applicare ai manifestanti e che è respinto invece da leader neri come implicitamente denigratorio e strumentale ad una narrazione unilaterale dei fatti. Le polemiche sono indicative del dibattito razziale che le rivolte di Baltimora hanno riacceso in tutto il paese. Mercoledì più di cento manifestanti sono stati arrestati a New York dopo una marcia di solidarietà partita da Union Square verso Times Square che ha bloccato Houston street e temporaneamente l’accesso all’Holland Tunnel.

Ci sono stati tafferugli con la polizia e la dura reazione degli agenti indica una volontà di reprimere sul nascere un nuovo movimento contro gli abusi di polizia nella città che questo inverno aveva visto massicce mobilitazioni dopo la morte di Eric Garner.

Eppure lo stillicidio di uccisioni di giovani neri da parte della polizia continua. Alla lista si è aggiunto lunedì il nome di Kevin Kellom, ventenne di Detroit ucciso a colpi di pistola a casa sua dall’agente federale che era andato ad arrestarlo. È l’ultimo episodio di una cronaca quotidiana che dai fatti di Ferguson ha acquisito una visibilità nazionale grazie alla testimonianza visiva di episodi filmati dai telefonini.

A Baltimora il sindaco Stephanie Rawlings-Blake ha convocato un summit con leader afro americani fra cui Al Sharpton e rappresentanti della comunità, per discutere di una ripresa basata su riforme adeguate delle cause primarie delle rivolte: il circolo vizioso di esautorazione, povertà e piccola criminalità di cui da decenni è prigioniero il proletariato nero della città. Modifiche strutturali, che devono necessariamente modificare il comportamento della polizia ma che non possono, secondo Rawlings-Blake, limitarsi a quello. Le ha fatto eco lo stesso Obama che in un articolato intervento sui fatti di Baltimora ha detto: «Se non riusciremo a cambiare come nazione e come società, non potremo risolvere il problema. Il conflitto fra polizia e comunità disagiate sarà destinato a ripresentarsi ciclicamente salvo venire regolarmente dimenticato». Una lucida analisi a cui si è aggiunta quella di Pierre Thomas, residente dei quartieri «bruciati», che alla radio Npr ha detto: «adesso tutti fanno appelli per la pace. Ma dove era la pace quando la polizia ci sparava e quando venivamo licenziati, dov’era la pace allora?».

L’ordine – che per ora ha tenuto anche per effetto del coprifuoco imposto alla cittadinanza – rischia intanto di venire nuovamente turbato nelle prossime ore quando il procuratore della città dovrebbe rendere noti gli esiti dell’indagine della polizia sui fatti che hanno portato alla morte di Freddie Gray lo scorso 19 aprile. L’uomo di 25 anni era stato arrestato per motivi non precisati e caricato su un cellulare da cui è uscito 45 minuti dopo con la spina dorsale quasi recisa all’altezza del collo.

Nel 23mo anniversario esatto dell’assoluzione dei poliziotti che pestarono Rodney King a Los Angeles nel 1992, e delle rivolte che vi fecero seguito, a Baltimora oggi regna ancora diffidenza e nervosismo.