Nell’emergenza che stiamo attraversando esistono fasce di cittadini particolarmente neglette. Tra questi esclusi, dalle cronache e dalle cautele, il posto degli ultimi è occupato dai migranti e, ancor più nello specifico, dalle vittime di tortura, di cui, per mandato, la nostra Associazione si prende cura.

Da quanto riferito da nostri assistiti negli ultimi giorni, in alcuni Centri di accoglienza di Roma si sono manifestati diversi casi di positività al virus tra gli ospiti e tra gli operatori. La risposta delle istituzioni è stata il trasferimento dei positivi e il confinamento di tutti gli ospiti nelle stesse strutture di accoglienza, dove le normali condizioni di vita non consentono alcun rispetto del distanziamento sociale e delle norme di prevenzione previste e imposte dal Governo nazionale.

In altri casi, messi in luce dalla cronaca, l’emergenza sanitaria è stata trattata come un problema di sicurezza, schierando le forze di polizia a difesa degli abitanti residenti all’esterno e intervenendo poco e tardivamente sulla salute degli ospiti stranieri. In tutti i casi, oltre all’imposizione di una quarantena irrealizzabile nelle condizioni date, secondo quanto emerso dai contatti con i nostri assistiti, pochissime informazioni sono state fornite agli ospiti circa eventuali successivi interventi (sanificazione delle strutture, fornitura di idonei dispositivi di protezione, tamponi di massa).

“Medici contro la Tortura”, associazione umanitaria che si prende cura di rifugiati vittime di tortura, consapevole del difficile momento che il paese sta attraversando, richiama l’importanza della protezione della collettività nel suo insieme, nessuno escluso.

Nell’ambito del proprio mandato sente il dovere di segnalare che:

a) questa situazione è anche il frutto di politiche inopportune, che, riducendo fondi e personale destinati al sistema dell’accoglienza, hanno portato al concentramento di un gran numero di migranti in luoghi inidonei dal punto di vista sociale e sanitario (in alcuni centri d’accoglienza sono «stipate» oltre 200 persone);

b) come più volte segnalato da organizzazioni del terzo settore, i centri di grandi dimensioni confermano la loro inadeguatezza anche dal punto di vista sanitario;

c) la situazione è particolarmente delicata, oltre che sul piano sanitario, anche sul piano psicologico, per i soggetti più vulnerabili, quali appunto le vittime di tortura che, nel momento in cui affrontano il difficile percorso di superamento del trauma, vedono riaffiorare le proprie angosce e sono una volta di più offesi nella loro dignità di esseri umani.

Chiediamo quindi alle istituzioni di intervenire urgentemente per assicurare la piena informazione in un linguaggio comprensibile (anche tramite mediatori linguistico-culturali), per fornire dispositivi di protezione agli operatori, offrire adeguato sostegno e sanificare i luoghi.