Da un po’ di tempo la ripresa di una saggistica sul Mezzogiorno d’Italia sta rimettendo al centro un’idea diversa di Sud in rapporto al Mediterraneo, all’Europa e a una nuova prospettiva globale. Cosa quanto mai salutare visto che veniamo da anni in cui siamo stati sommersi da una sottocultura che ha reso il Sud assolutamente in contraddizione e impotente di fronte alle ondate leghiste e sovraniste. Tutto questo per fortuna comincia a sgretolarsi.

L’ULTIMO PAMPHLET di Claudio Scamardella si intitola appunto Le colpe del Sud – Ripensare la questione meridionale per il Mezzogiorno, la Puglia, il Salento (Manni editore, pp. 192, euro 15) ed è un volume documentato, scritto con la passione di un giornalista meridionale che da anni si batte per rimettere al centro un territorio all’altezza del compito della storia presente. Cosa che può avvenire solo guardando in faccia i propri difetti e i gli avversari interni più insidiosi che spingono indietro le lancette della storia, stimolando deresponsabilizzazioni e revisionismi perniciosi a uso e consumo di una impositiva ancorché imponente ghettizzazione meridionale.

SCRIVE L’AUTORE: che «esiste un rapporto inversamente proporzionale tra la crisi del meridionalismo e l’emergere del sudismo: quanto più il primo rivela la sua incapacità di rielaborarsi, ripensarsi e aggiornarsi, di trovare nuove parole e un nuovo linguaggio di fronte alle epocali trasformazioni in corso nel mondo globale, tanto più avanza il sudismo, a cominciare proprio dalle parole e dal lessico, anche nelle sue forme più becere, incolte, reazionarie».
L’analisi di Scamardella sottolinea la grande e impietosa ingiustizia che è stata perpetrata verso il Sud con la «spesa storica» che gli ha tolto ingenti risorse, verte innanzitutto su di una nuova centralità del Mediterraneo aperta quindi a una nuova occasione storica. Interessante poi la parte del libro che verte, con l’ottica del federalismo municipale contrapposto a quello regionale, un luogo specifico come il Salento in una Puglia che alle sirene del sudismo, anche in chiave di proteste inconcludenti, ha sacrificato troppo del suo futuro.

NON CHE TUTTO fili liscio in questo appassionato lavoro (i cinque o sei passaggi istituzionali con cui si immagina il futuro dell’Italia sono davvero troppi) ma intanto ben venga questo studio accurato che rilancia in chiave di attacco e di protagonismo dal basso un meridione troppo a lungo sedotto da false autonomie.