Dopo avere mistificato i dati sull’inflazione ieri le destre al governo hanno speculato sui dati Istat sull’occupazione che aumenta dal punto di vista meramente quantitativo. Mai ci fosse una volta che una maggioranza si chieda se la quantità è anche qualità. Ci sono 30mila occupati in più a novembre 2023, c’è il record degli occupati, +520mila in un anno, in totale 23.743 milioni di occupati, la cifra più alta di sempre. La disoccupazione è scesa al 7,5%. Ma i dati, stando agli stessi criteri dell’Istat, vanno incrociati con quelli degli «inattivi», cioè coloro che non cercano lavoro nel periodo dell’analisi statistica: sono aumentati di 48 mila unità dopo mesi di calo (+33,1%). Poi va osservato il tasso di occupazione: è fermo a 61,8%. Cosa significa? Che l’occupazione non è creata da nuovo lavoro, ma dalla stabilizzazione di quello esistente (aumenta il tempo indeterminato), dal ricambio di quello precario (a novembre, ci sono gli stagionali che si preparano per il natale). Inoltre, l’occupazione non cresce solo tra le donne, ma soprattutto tra gli over 50. Dunque l’aumento dell’occupazione in una congiuntura debole può significare lavoro di bassa qualità, pagato peggio