Il ricorso del Movimento 5 Stelle contro la sospensione di cariche e nuovo statuto, secondo le notizie che trapelano, sarebbe stato presentato. È la certificazione del fatto che la linea di Giuseppe Conte è formalmente passata: nessun passo indietro su leadership o ritorni alla piattaforma Rousseau, meglio piuttosto imbarcarsi nel braccio di ferro legale. Dall’entourage del leader sospeso arrivano segnali di insofferenza verso «ricostruzioni complottistiche che alimentano sulla stampa un clima di battaglie e divisioni interne, scenario che Conte ha sempre cercato di contrastare o comunque di non alimentare». Il riferimento è ancora una volta alle illazioni sul sabotaggio interno ad opera di Luigi Di Maio, questa volta accusato addirittura di aver indirizzato Conte verso un’elezione fallata giuridicamente.

A dare manforte ieri è arrivato Roberto Fico. Nei giorni scorsi, anche di fronte a Grillo, il presidente della camera non era comparso a causa di un’influenza ma pare abbia giocato ancora una volta un ruolo di mediazione interna, anche facendosi garante della posizione dell’ex presidente de consiglio. «Si tratta di una questione assolutamente burocratica non politica – dice Fico – Quindi faremo i nostri passi come abbiamo annunciato e speriamo che vada a buon fine tutto. Conte è ben saldo, è leader del Movimento 5 Stelle riconosciuto e stravotato e siamo con lui».

La carta che secondo i legali di Conte dovrebbe sciogliere la questione è contenuta in una mail inviata l’8 novembre del 2018 dall’allora capo politico Di Maio ai membri del Comitato di garanzia: «In qualità di capo politico – scriverebbe Di Maio – propongo che lo stesso criterio per l’accesso al voto degli iscritti applicato alle votazioni e alle consultazioni su Rousseau, venga esteso anche per le votazioni che hanno come oggetto la convocazione dell’Assemblea degli iscritti. Potranno quindi prendere parte a tutte le future convocazioni dell’Assemblea, gli iscritti da almeno sei mesi con documento certificato». L’incartamento includerebbe anche la risposta di Vito Crimi col «parere favorevole» a nome del Comitato di garanzia. Questo scambio, dicono dal M5S, consentirebbe di sanare l’irregolarità presunta del voto che viene contestata dal tribunale di Napoli a causa, appunto della esclusione di 80 mila su circa 170 mila iscritti. «Dell’esistenza del regolamento – sostiene Crimi – sanno tutti gli iscritti, fin dalla prima assemblea in assoluto del 20 novembre 2018. Da quel momento in ogni avviso di convocazione si fa riferimento, per la limitazione della partecipazione al voto, a quel regolamento che, appunto, è una semplice riga» nella quale è specificato che «alle assemblee potranno partecipare gli iscritti da più di sei mesi». Per l’ex reggente si tratta di una disposizione «non solo nota, ma applicata a tutte le assemblee da 4 anni, ininterrottamente, senza che nessuno abbia mai messo in dubbio che prima di applicare tale restrizione non avessimo fatto i passaggi formali. Andare a recuperare ora la prova della sua esistenza mi sembra davvero un esercizio superfluo».

Ma la «regola», se tale verrà considerata lo scambio di email, doveva essere ignota anche ai 5 Stelle visto che nel corso del dibattimento che ha portato all’ordinanza di sospensione cautelare del tribunale non è mai stata tirata in ballo e anzi le due parti in causa pare convenissero sull’inesistenza di un regolamento ad hoc per la convocazione delle votazioni online (che per convenzione e necessità giuridica, i grillini chiamano «assemblee»). Se così fosse, l’efficacia del ricorso presentato dagli avvocati di Conte sarebbe alquanto dubbia. E il M5S si troverebbe in grande difficoltà.