Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil, dopo l’incontro con Confindustria il suo commento è stato il meno ottimista sull’esito de confronto. Come mai?
Diciamo che sono stato pragmatico. Abbiamo assistito a due mesi di dichiarazioni di Bonomi e Stirpe molto dure e ieri ne avremmo voluto discutere. È ovvio che per noi la priorità è rinnovare i contratti. Quindi abbiamo accettato positivamente l’impegno sul contratto della sanità privata fermo da 14 anni e il rispetto del Patto della fabbrica. Detto questo, non penso che Bonomi e Stirpe abbiano cambiato idea, specie sul contratto dell’industria alimentare. E quindi i problemi restano.

Confindustria non ha firmato il contratto degli alimentaristi considerando troppi i 119 euro di aumento e chiamando a rapporto Barilla, Ferrero, Danone e le categorie di impresa firmatarie. Cosa succede ora?
Nella maggior parte delle aziende il contratto è valido. Per Confindustria – e cioé Federalimentari – non è firmato. Se non lo firmeranno, abbiamo già mobilitato i lavoratori con un pacchetto di ore di sciopero per fine mese.

Torniamo a Bonomi. Durante il confronto ha lasciato molto la parola a Stirpe, che voi conoscete da tempo. E ha dovuto ammettere che i contratti si rinnovano con il Patto della Fabbrica. Un passo indietro?
Difficile dare interpretazioni. Di sicuro c’è una contraddizione: il Patto della fabbrica non prevede la «rivoluzione» di cui parla Bonomi. Noi comunque abbiamo risposto che le rivoluzioni fatte dai potenti sono dittature. L’unica rivoluzione che vogliamo è dare potere d’acquisto e dignità ai lavoratori. Se così non sarà, sei contratti non saranno rinnovati, non faremo uno sciopero generale, faremo di più: andremo fabbrica per fabbrica a spiegare ai lavoratori perché gli imprenditori non vogliono rispettare i patti.

[do action=”citazione”]Parla di rivoluzione, ma se la fanno i potenti è dittatura. Noi invece vogliamo dare potere d’acquisto ai lavoratori. Senza rinnovi, andremo fabbrica per fabbrica[/do]

Il Patto della fabbrica – espressione del predecessore di Bonomi, Vincenzo Boccia – dà grossa autonomia alle categorie per definire gli aumenti salariali e in molti casi il criterio dell’inflazione è stato aggirato con aumenti superiori.
Sì, l’autonomia delle categorie è il tratto fondamentale di quell’accordo. Oltre a tener conto della «produttività di sistema del settore» – e gli alimentaristi non sono certo in crisi – e, infine, demandare la produttività al livello aziendale, ma visto che in Italia solo il 30% di imprese hanno un contratto di secondo livello, se togliamo gli aumenti salariali a livello nazionale dobbiamo sapere che li togliamo per il 70% delle aziende. Le piattaforme delle categorie sono state presentate, si tratta da mesi: non si possono cambiare le regole con la partita in corso.

Lei nel suo discorso di investitura ha dato grande importanza alla riduzione dell’orario di lavoro. Ma l’argomento non è nella piattaforma unitaria con Cgil e Cisl e ieri Bonomi pare abbia commentato: «Non è quella la strada, come ha dimostrato la Francia di Mitterrand»…
Sì, ho letto e mi è sembrato un esempio un po’ datato mentre di riduzione di orario si parla oggi in Germania e in Finlandia. La piattaforma unitaria è antecedente alla mia elezione ma con Cgil e Cisl siamo d’accordo sul fatto che la riduzione di orario – assieme alla formazione e alla conciliazione dei tempi di vita – sia un elemento strategico per il futuro, specie nel contesto post Covid con smart working e lavoro per obiettivi e in un quadro economico in cui ci sarà meno lavoro e andrà redistribuito.

Voi della Uil siete stati considerati i più vicini al M5s – all’ultimo congresso avete regalato il casco dell’Ilva a Di Maio – come si pone lei ora verso la ministra Catalfo che propone la riduzione di orario?
Guardi, il caschetto a Di Maio lo demmo perché aveva appena fatto l’accordo con Mittal dopo lo scellerato tentativo di Calenda. Noi guardiamo al merito delle questioni: con la ministra Catalfo siamo d’accordo quando parla di riforma degli ammortizzatori, lo sarà lei di meno se noi vogliamo legare la formazione al Reddito di cittadinanza. Siamo d’accordo se propone la riduzione di orario, meno se vuole stabilire il salario minimo per legge. Quanto al rapporto con il M5s, se mi chiedesse della Azzolina sarei molto più critico perché sulla scuola sono stati fatti gravi errori.

In definitiva è ottimista sul futuro delle relazioni industriali? Il governo potrà fare da paciere fra voi e Bonomi?
Al governo chiediamo una convocazione per discutere di Recovery Fund e per questo scendiamo in piazza – siamo felici di tornaci – il 18 settembre: io parteciperò alla manifestazione di Roma. Quanto a Confindustria, vogliamo discutere di un’idea di paese alla luce del Covid. Vogliamo cambiare paradigma o tornare alle ricette trite e ritrite dei Bocconiani e ai disastri del mercato duro e puro? Tante ricerche ci dicono che le imprese hanno usato i soldi pubblici non per investimenti in innovazione ma spesso per speculazioni finanziarie. Ecco, io penso che le aziende sono anche dei lavoratori che spesso ci muoiono dentro e lo Stato deve finanziare l’innovazione, non regalare soldi.